Caso Ilva. Chiesto il rinvio a giudizio per Vendola

Nella giornata di ieri il pool di magistrati, capeggiato dal Procuratore Sebastio, ha chiesto il processo per il governatore e altri 52 indagati. Al presidente si contesta la concussione.

Nella giornata di ieri il pool di magistrati, capeggiato dal Procuratore Sebastio, ha chiesto il processo per il governatore e altri 52 indagati. Al presidente si contesta la concussione. per il leader di Sel: “Persino quando ci si sente feriti e umiliati da una grande ingiustizia, non bisogna mai perdere fiducia nella forza della giustizia”.

Sono 53 (50 persone fisiche e tre giuridiche) in tutto gli indagati,ì per quel che riguarda l’inchiesta di disastro ambientale  dell’Ilva verso i quali, nella giornata di ieri, il pool di magistrati – capeggiato dal Procuratore Capo, Sebastio – che indagano sul caso  hanno chiesto al Giudice per l’Udienza Preliminare, Vilma Gilli, il rinvio a giudizio.

Tra gli indagati per i quali la Procura di Taranto ha chiesto il processo figurano Emilio, Fabio e Nicola Riva e il governatore di Puglia, Nichi Vendola. La richiesta riguarda anche vertici vecchi e nuovi dell'Ilva prima del commissariamento, l'assessore regionale Lorenzo Nicastro, il deputato ed ex assessore della Puglia Nicola Fratoianni, alcuni consiglieri regionali, l'ex presidente della Provincia di Taranto Giovanni Florido, il sindaco, Ippazio Stefàno, dirigenti e funzionari ministeriali e della Regione Puglia. Al leader di Sel si contesta il reato di concussione.
Il presidente, venuto a conoscenza della decisione, ha diffuso un comunicato stampa nel quale ha dichiarato: “Nonostante il dolore e la tristezza che provo in questo momento, non intendo mutare lo stile con cui ho reagito, sempre, a iniziative giudiziarie che mi chiamavano in causa. Persino quando ci si sente feriti e umiliati da una grande ingiustizia, non bisogna mai perdere fiducia nella forza della giustizia.
Per decenni a Taranto nessuno ha visto niente e troppi hanno taciuto. Io no. Per decenni gli inquinatori hanno comprato il silenzio e il consenso politico, sociale e dei media. Con regali, finanziamenti, forniture, subappalti e favori. Io no. I miei collaboratori no.

Infatti non siamo accusati di corruzione. Siamo accusati di essere stati compiacenti, a titolo gratuito, nei confronti del grande siderurgico. Accusati in un processo in cui tutti i dati del disastro ambientale sono il frutto del nostro lavoro e della ostinata volontà della mia Amministrazione di radiografare e documentare l’inquinamento industriale nel capoluogo ionico. Noi, insieme alle agenzie della Regione Puglia, abbiamo fornito le prove che hanno scoperchiato la realtà. Noi per la prima volta nelle istituzioni abbiamo aperto i dossier su diossina e altri veleni – e lo abbiamo fatto anche sulla spinta di un movimento nato dalla ribellione al destino di morte della città. Noi abbiamo cercato le evidenze scientifiche sul male sputato dall’Ilva e abbiamo varato leggi e regolamenti che sono oggi all’avanguardia della legislazione ambientale.

Certo, contemporaneamente abbiamo difeso la fabbrica e i lavoratori. Se questo è un reato sono colpevole. Ma abbiamo agito – ha concluso – nel rispetto di quei principi costituzionali che ci prescrivono di contemperare beni e diritti fondamentali per i cittadini, come salute e lavoro. Questo è il preciso dovere di chi governa, anche affrontandone le responsabilità e le conseguenze più dolorose”.



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