Picchia la compagna incinta e spegne una sigaretta nell’orecchio della figlia. Condannato a 3 anni e 4 mesi

Il giudice ha disposto il risarcimento del danno, in favore della compagna che si era costituita parte civile con l’avvocato Giuseppe Bonsegna.

maltrattamenti

Era accusato di minacce di morte e percosse verso la convivente, anche quando era incinta. E comportamenti vessatori nei confronti delle figlie, al punto che, in una circostanza, il padre-violento spegneva una sigaretta nell’orecchio di una delle due ragazzine.

Il gup Marcello Rizzo, al termine del processo con rito abbreviato, ha condannato un 55enne di Nardò alla pena di 3 anni e 4 mesi.

Non solo, poiché il giudice ha disposto il risarcimento del danno, quantificato in 10mila euro, in favore della compagna che si era costituita parte civile con l’avvocato Giuseppe Bonsegna. L’imputato rispondeva del reato di maltrattamenti in famiglia pluriaggravato dai futili motivi, dalla presenza di minori e dallo stato di gravidanza della vittima e di lesioni aggravate. È assistito dall’avvocato Andrea Bianco che una volta depositate le motivazioni della sentenza (entro 60 giorni) potrà presentare ricorso in Appello.

L’inchiesta

Secondo l’accusa, rappresentata dal sostituto procuratore Luigi Mastroniani, il 55enne di Nardò per ben sei anni (dal 2014 al 2020) instaurava un clima di terrore dentro casa e isolava la compagna dai familiari e dalle amicizie. L’uomo, nel 2016, spegneva una sigaretta nell’orecchio sinistro della figlia minorenne provocandole una bruciatura, “rea” di avere trascorso una serata in compagnia di amici che a lui non piacevano.

Nel 2017, invece, la compagna nonostante lo stato di gravidanza, veniva schiaffeggiata e spintonata fino ad essere costretta a trascorrere la notte fuori di casa, assieme alle figlie minorenni. E poi, in altre occasioni, era costretta a subire un rapporto sessuale contro la sua volontà, picchiata il giorno di Pasqua e insultata anche in presenza del bambino. E infine, il 17 agosto del 2020, il compagno violento l’afferrava al collo, nel tentativo di strangolarla, provocandole lesioni da trauma cranico, come certificato dai medici dell’ospedale. A quel punto, la madre ed il figlio piccolo venivano momentaneamente condotti in una struttura protetta e la vittima sporse denuncia orale, attraverso l’audizione protetta alla presenza di una psicologa.

Durante le indagini è stata raccolta anche la testimonianza di una vicina di casa, a cui la vittima aveva confidato le violenze per mano del marito. Queste condotte autoritarie sono confluite prima in una denuncia presso i carabinieri e poi in un divieto di avvicinamento alla casa familiare, a firma del gip Sergio Tosi. Il giudice, nell’ordinanza, affermava che sussistono le esigenze cautelari, poiché “trattasi di individuo violento, il cui rapporto con la vittima è sempre stato improntato alla minaccia, alla prevaricazione ed alla prepotenza”. E vi sarebbe il rischio che l’indagato “avuta contezza del procedimento penale a suo carico… possa attentare all’incolumità fisica ed alla vita stessa della stessa”. E adesso, per l’uomo è arrivata anche la condanna con rito abbreviato.



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