Quando è scoppiata l’epidemia e il Coronavirus sembrava stesse vincendo tutte le battaglie, con gli ospedali in difficoltà, il numero dei contagi che aumentava al punto da temere di dover scegliere tra chi curare e chi lasciar morire e con medici, infermieri e personale sanitario che hanno indossato la divisa da eroe per curare tutti i pazienti, ogni piccolo scoglio a cui aggrapparsi durante la guerra poteva essere importante.
Così è stato anche per il Tocilizumab, utilizzato per cercare di salvare i pazienti. Farmaco della speranza, così era stato chiamato. E contro la polmonite interstiziale da Covid19 sembrava aver funzionato, impedendo che la malattia progredisse verso forme ancor più aggressive. Sembrava, il condizionale è d’obbligo.
Secondo lo studio randomizzato su 126 pazienti (123, dato che 3 sono stati esclusi dalle analisi perché hanno ritirato il consenso) per valutare l’efficacia del tocilizumab, il farmaco non ha mostrato alcun beneficio nei pazienti trattati né in termini di aggravamento (ingresso in terapia intensiva) né per quanto riguarda la sopravvivenza, spiegano dall’Aifa. Almeno non nei pazienti in fase precoce [affetti da polmonite da Covid-19 di recente insorgenza che richiedevano assistenza ospedaliera, ma non procedure di ventilazione meccanica invasiva o semi-invasiva].
Per questo la sperimentazione in corso, come ha annunciato l’Agenzia Italiana del farmaco, terminerà in anticipo. Resta da capire, invece, che cosa è accaduto nei casi più gravi. I risultati, in questo caso, non sono ancora arrivati. Proprio nei casi più severi il medicinale utilizzato nella cura dell’artrite reumatoide sembra aver funzionato.
Anche in Puglia era partita la sperimentazione sui pazienti contagiati. Una delle tante strade intraprese per non lascare nulla di intentato. Il farmaco aveva dato dei risultati come dichiarato dal direttore del reparto di Malattie infettive al Policlinico di Bari, dove erano stati trattati più di trenta pazienti Covid. Pazienti che sarebbero guariti anche grazie a questa terapia.
