Dino e Veronica trovarono la morte in una casa abbandonata, chiesto il rinvio a giudizio della proprietaria

Il pubblico ministero ha chiesto la condanna della 68enne di Lecce Rita Capaldo docente di Criminologia presso l’Università del Salento. Inoltre, si sono costituiti parte civile i due fratelli di Riccardo Martina e la figlia avuta dalla compagna Veronica Piggini.

Li avevano trovati morti in una casa fatiscente alla periferia di Lecce ed oggi si è tenuta l'udienza preliminare sul decesso dei due clochard.
  
Il pubblico ministero Massimiliano Carducci ha chiesto che finisca sotto processo Rita Capaldo, proprietaria dell'immobile, con l'accusa di "omicidio colposo" e "omissione di lavori in edifici che minacciano rovina".
  
L'udienza è stata riaggiornata al 5 luglio, quando si terrà la discussione ed il gup Cinzia Vergine stabilirà se rinviare a giudizio o prosciogliere dall'accusa, la 68enne di Lecce docente di Criminologia presso l'Università del Salento. Rita Capaldo è difesa dall'avvocato Tommaso Stefanizzo e Stefano Prontera.
  
Sempre nella giornata odierna, innanzi al gup Cinzia Vergine si sono costituiti parte civile: Giancarlo Martina, fratello di Riccardo con l'avvocato Nicola Caroli; l'altro fratello Antonio, con il difensore Chiara Fanigliulo e la figlia Mariazzurra  con il legale  Arturo Pallara.  Già nei mesi scorsi, avevano depositato una corposa memoria difensiva, tirando in ballo anche il Comune di Lecce.
  
Difatti, sostengono i legali, l'amministrazione era al corrente della situazione dei due clochard, visto che per un periodo essi furono ospitati presso l'Ostello della Gioventù di San Cataldo. Inoltre, gli sarebbe stata promessa una nuova sistemazione. Non fu così. Riccardo Martina, detto Dino 52anni  e Veronica Piggini 48enne scelsero di "rifugiarsi" presso l'immobile di Via Taranto. I due clochard erano noti a Lecce, anche a seguito di quanto accaduto nel 2013, quando si erano accampati sotto una tenda davanti a porta Rudiae e da qui erano stati "sfrattati", per poi essere accompagnati temporaneamente presso la struttura ricettiva di San Cataldo.
  
Ritornando all'inchiesta penale, secondo l'accusa rappresentata dal pubblico ministero Massimiliano Carducci, la proprietaria dell'immobile avrebbe dovuto eseguire dei lavori di manutenzione sull'edificio per evitarne il crollo e provvedere, quanto meno, ad un sistema di chiusura efficiente  della porta posteriore che rendeva l'edifico di facile accesso per chiunque.
  
I corpi dei due clochard furono trovati senza vita riversi in una cisterna di via Taranto in località Borgo Pace. L’allarme scattò a seguito della chiamata di un vicino che, insospettito dal forte odore che proveniva dall’interno della casupola, si affacciò tra le stanze fatiscenti, intravedendo uno dei cadaveri. Sul posto intervennero polizia, carabinieri, vigili del fuoco con il supporto delle unità cinofile, gli uomini della Scientifica, oltre a numerosi agenti della Polizia municipale. 
 
Da una prima ricostruzione, la donna sarebbe caduta per prima nella cisterna a seguito del crollo del solaio e, forse, il suo compagno, nel tentativo di aiutarla a tirarsi su, è precipitato nello stesso "abisso".  I corpi sono apparsi da subito in decomposizione anche a causa delle condizioni in cui si trovavano, totalmente immersi nell’acqua melmosa. Al fine di agevolare le operazioni, è stato addirittura necessario l'intervento di un autospurgo e, soltanto dopo che la cisterna è stata svuotata, i vigili hanno potuto portare su i due cadaveri.
 
L'autopsia eseguita dal medico legale Alberto Tortorella evidenziò come il decesso fosse sopravvenuto per annegamento e l'assenza di segni di violenza sui due corpi che portavano ad escludere l'ipotesi di una morte a seguito di una colluttazione.  



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