Di Enrico Mattei, il fondatore dell’Eni che ha cambiato il volto dell’Italia davanti agli occhi del mondo, è stato scritto di tutto: che era imprenditore geniale, un petroliere, un partigiano, uno «stratega», uno che era «abile nell’usare il denaro, ma senza toccarlo», un pioniere del marketing, con il suo cane a sei zampe, “fedele amico dell’uomo a quattro ruote” come recitava lo slogan di un allora sconosciuto Ettore Scola, ma soprattutto un italiano che voleva trasformare il suo paese in una Potenza, anche attraverso l’indipendenza energetica, anche sfidando le lobby del petrolio. «Se in questo Paese sappiamo fare le automobili, dobbiamo saper fare anche la benzina», diceva.
Della sua vita, partita dal niente e della sua carriera, divenuta straordinaria, si conosce tutto, ma non della sua morte, avvenuta in una sera di fine ottobre. La verità è rimasta sepolta sotto il fango nelle campagne di Bascapè, comune com meno di duemila anime in provincia di Pavia, dove precipitò il bimotore su cui viaggiava insieme al pilota Irnerio Bertuzzi e al giornalista statunitense William McHale della testata Time–Life, incaricato di scrivere una cover-story su di lui.
Un incidente, così era stata archiviata la morte del numero uno di Eni. Le cause? Un guasto, un errore, un malore, si è parlato anche di un gesto estremo del pilota, a causa di una delusione amorosa legata ad una relazione extraconiugale con una hostess dell’Alitalia. Non si ascoltano i testimoni. Non cercano eventuali tracce di esplosivo. Niente. Il 31 marzo 1966 il giudice istruttore di Pavia archivia l’inchiesta, come richiesto dalla Procura, perché «il fatto non sussiste»: nessuno scoppio in volo o comunque nessun sabotaggio. C’è voluto molto tempo per capire che non era stata una tragedia, ma un attentato. Un omicidio, senza nomi.
L’incidente aereo. Tragedia o attentato?
Alle 16.55 l’aereo privato di Mattei decolla da Catania. Un viaggio ‘senza problemi’ tant’è che alle 18.57, quando mancano pochi minuti all’atterraggio, Beruzzi inizia la discesa per Milano-Linate, ma nelle campagne di Bascapè, qualcosa va storto e il velivolo scompare dai monitor della torre di controllo. Era precipitato dopo una «fiammata improvvisa». I sospetti si insinuano fin da subito tra i rottami del Morane-Saulnier 760, di fabbricazione francese. In fondo Mattei era un uomo di successo che si era “inimicato” mezzo mondo e le minacce erano (quasi) all’ordine del giorno. Sua moglie, la ballerina austriaca Greta Paulas, raccontò che nove giorni prima della morte, il marito aveva ricevuto una lettera minatoria, l’ultima di una lunga serie, che lo aveva particolarmente scosso. Era stato un attentato o un incidente? Prevalse questa ipotesi, nonostante il racconto di chi aveva assistito alla scena e ai resti dell’aereo, troppo “sparpagliati” per essere una semplice ‘caduta’.
Tutti i ‘misteri’ sulla morte di Mattei
I depistaggi iniziano già la sera di quel sabato 27 ottobre 1962. Uno dei primi testimoni dell’attentato, un contadino, raccontò davanti alle telecamere che il cielo era rosso, che “un aeroplano si era incendiato e i pezzi stavano candendo sul prato, sotto l’acqua”. Come una semplice comparsa di una grande tragedia, la sera della tragedia era andato a prendere la figlia con il trattore. Il giorno dopo la sua vita cambiò totalmente, come la sua versione. Disse di non aver visto niente, solo che l’aereo aveva preso fuoco quando era già a terra, disegnando così i contorni di un caso che non solo resterà irrisolto, ma costerà caro a chi non ha mai creduto nella verità ufficiale se è vero che il giornalista Mauro De Mauro, scomparso nel nulla il 16 settembre del 1970, è stato eliminato perché era sul punto di scoprire qualcosa.
Non solo: i pezzi dell’aereo su cui era stata piazzata una bomba, probabilmente nell’Officina Grandi Riparazioni dell’aeroporto di Catania, sono stati lavati con cura.
Omicidio firmato dalla Mafia
Nel 1994 le dichiarazioni di due pentiti, Gaetano Iannì, uno dei capi della Stidda, cresciuta all’ombra di Cosa Nostra e un personaggio di ben altra caratura come Tommaso Buscetta, proiettano la mano della mafia sulla morte del presidente dell’Eni. Don Masino fece nomi e cognomi. Un frammento di verità, forse, emerso dopo anni di silenzio, quello calato dopo la chiamata del Comandante alla torre di controllo, un minuto prima dell’ “incidente”. Tutto era okay, disse.
«Se la specialità dei grandi uomini è quella di lasciare, quando se ne vanno, tutti un po’ vedovi, anche i loro avversari, Mattei è stato senza dubbio un uomo grande, perché è proprio questa l’impressione che suscita in noi la sua tragedia… » scriveva Indro Montanelli.
Quello di Mattei è stato un omicidio perfetto: ci sono testimoni che parlano di “scintille dal cielo”, ma nessuna idea su chi siano i mandanti del delitto o gli esecutori. Sono state tante le teorie, mai confermate, che addossano la colpa all’Oas, l’organizzazione di estrema destra francese, alla Cia, alla Democrazia Cristiana, alla mafia che ha voluto fare un “regalo” agli amici americani. Solo una cosa è certa: la carica sarebbe stata innescata dal comando che abbassava il carrello… è stato un attentato. Una conclusione che non porta a nessun colpevole.
Chi ha ucciso Enrico Mattei? Nessuna risposta. La fine dell’ uomo che aveva regalato agli italiani il sogno dell’ oro nero resta avvolto nel mistero.