Da quei cinque colpi di pistola, sette secondo il racconto di Alberto Specchia, lasciato per terra sanguinante nelle campagne di Soleto, è cominciata l’indagine che ha permesso di svelare, tassello dopo tassello, i segreti di due gruppi in guerra per il controllo del territorio. Il tentato omicidio avvenuto il 9 agosto 2019 per risolvere la questione della gestione di un tratto di spiaggia libera a Torre dell’Orso, un business redditizio in un luogo a forte vocazione turistica e conteso tra due ditte concorrenti, era solo una pagina di una storia che non riguardava solo ombrelloni e lettini, ma anche lo spaccio di sostanze stupefacenti, condito da agguati, estorsioni, pestaggi, minacce e violenze, usate per risolvere gli screzi, per appianare le controversie senza attirare l’attenzione delle forze dell’ordine. Il mercato della droga gestito da un gruppo criminale pronto a tutto.
Lo stupefacente, che arrivava a fiumi nelle piazze del Salento, era cosa di Giuseppe Bevilacqua, considerato il capo del sodalizio finito nel mirino degli uomini in divisa che hanno accompagnato in carcere 12 persone e 3 ai domiciliari. Sono tanti gli episodi, scritti nero su bianco nell’ordinanza a firma del Giudice per le indagini preliminari, Marcello Rizzo, che ripercorre tutti i capi d’accusa contestati al gruppo che aveva un’organizzazione strutturata, con ruoli, mansioni e gradi ben definiti e che usava un linguaggio criptico, imposto anche ai clienti. Come nel caso di un’infermiera, soprannominata “Crocchetta”, cliente di vecchia data del clan.
“Ma tu sei in zona, ci sei, che so… per una birra?” chiede la donna il 17 gennaio 2020. Una delle tante intercettazioni in cui si ascoltano i rapporti con i membri del clan, le lamentele per le modalità con cui il gruppo cercava di recuperare le somme di cui risultava debitrice o per le quantità cedute… e non solo.
In una conversazione telefonica Giuseppe Bevilacqua comunicava al suo braccio destro che “l’infermiera non era passata da casa sua per fare la puntura” alludendo, probabilmente, al pagamento per la fornitura dello stupefacente. Dopo pochi minuti, la moglie informava il marito che la donna era appena passata da casa per portargli il denaro “Solo che non li teneva tutti per pagarmi la cena, mancano 50 euro, io ho detto che va bene che poi me li dai”.
Il linguaggio in codice, per non destare sospetti, non è solo l’unico dettaglio emerso. Secondo i sospetti, l’infermiera probabilmente ha sottratto alcuni materiali, come traverse per il cane, un pitbull terrier, di uno del clan o mascherine, all’epoca introvabili, dall’ospedale dove lavorava in cambio di “regalini“ o “sconti”. Questo perché, almeno così è scritto, la donna non aveva il denaro necessario per il pagamento dello stupefacente richiesto, evidentemente acquistato in dosi massicce, tant’è che aveva accumulato diversi debiti.
In una conversazione del 6 giugno si ascolta lo sfogo di un membro del gruppo, per il perdurante inadempimento della cliente “quella è fortunata che è donna altrimenti fosse stata un maschio l’avrei rovinata di mazzate, l’avrei legata dietro alla macchina e l’avrei consumata tutta, per il modo di fare di merda che tiene, vieni e piangi, devi dare e fa tutta la se voglio, se vuoi! Forse non hai capito che se voglio te li faccio tenere!” evidenziando, quanto alla donna “tu non vali nemmeno dieci euro, nemmeno la traversa (per il cane ndr.) che mi porti!”.
E ancora un altro sfogo: “Comunque si, mi stai facendo un favore per portarmi le traverse, che non le stai pagando attenzione, però mi stai facendo il favore di prenderle e portarmele! Poi mi stai rinfacciando le traverse e le cose, dopo che tu mi devi dare un sacco di cose mi stai facendo, io mi sono comportato meglio di te e mi stai rinfacciando che cosa? Le traverse che stai andando a rubarti…” precisando “mancano i soldi, dieci Euro, va bene dai, scontiamo con le traverse, mancano venti Euro e scontiamo a traverse, mi stai rinfacciando che cosa? Le cose che io ti sto pagando a te e che tu non stai pagando…”
Insomma, l’infermiera – si legge – copriva in parte i debiti, sottraendo per lo spacciatore di turno materiale ospedaliero. Un modo per pagare le partite di stupefacenti ed evitare di rimanere senza, come quando si è sentita rispondere “eh no, adesso… abbiamo chiuso… ho spento anche il forno”.
«In mancanza di prove, allo stato, del quantitativo di merce sottratta alla ASL di appartenenza, non si procederà in questa sede ad autonoma contestazione di furto aggravato a carico della donna» è scritto nell’ordinanza.
