La guerra in Ucraina continua a mietere vittime tra civili innocenti e soldati, inviati allo sbaraglio e ingannati da un Capo di Stato che, per la brama di potere, ha in mente solo la conquista di una terra che non è la sua, ma appartiene ad un popolo, con una sua storia ed una sua sovranità linguistica e culturale.
Le stime di questo conflitto, sino ad ora, sono di undici mila soldati russi morti, quasi quattrocento civili ucraini, tra questi quaranta bambini e un milione e settecentomila profughi. Venerdì 4 marzo a Mariupol, la citta dell’Ucraina sud-orientale più colpita dai bombardamenti, oramai da lunghi giorni sotto assedio, senz’acqua, elettricità e riscaldamento, due giovani genitori si presentarono all’entrata dell’ospedale. Di corsa, in preda alla disperazione, tra grida di aiuto, il padre tiene in braccio il figlio di diciotto mesi di nome Kirill, avvolto in una coperta insanguinata, vittima dei bombardamenti, la madre dietro di loro, anche lei con la maglietta intrisa del sangue del figlio.
Le ambulanze a Mariupol non sono più disponibili. Un medico dell’ospedale va loro incontro ed adagia quel povero bambino su un lettino facendogli un massaggio cardiaco, tentando di rianimarlo, ma non c’è più nulla da fare perché le ferite sono troppo gravi. Quello stesso dottore, qualche giorno prima, aveva tentato di salvare la vita ad una bambina di sei anni, senza riuscirci, vittima anch’essa delle bombe russe.
Un grido di dolore fuoriesce dalla bocca del medico ed è lo stesso che dovrebbe essere manifestato da tutti noi, uomini e donne con un minimo di sensibilità, animati da buona volontà, verso i responsabili di questa carneficina: “Fallo vedere a Putin, fai vedere questi occhi”.
Kirill è uno di quei quaranta bambini vittime dell’interesse di parte, dell’egoismo e della brama di potere. Si fermino le bombe, le sparatorie ed i massacri di civili, bambini, donne e uomini innocenti… si fermi tutto questo male, senza condizioni.
* Nella foto condivisa su Twitter il medico che non è riuscito a salvare il bambino
