Morte bracciante sudanese: fu riduzione in schiavitù? Processo ‘trasferito’ in Corte d’Assise

Per il Pm Paola Guglielmi più che di caporalato si tratterebbe di riduzione in schiavitù. I due imputati dovranno presentarsi il prossimo 4 luglio.

Si svolgerà in Corte d’Assise, il processo sulla morte di un bracciante sudanese a carico di due imputati accusati originariamente di “caporalato”.

Nel corso dell’udienza odierna, dinanzi al tribunale monocratico, il pm Paola Guglielmi ha presentato la modifica dell’originario capo d’imputazione, riqualificando il reato di caporalato (intermediazione illecita e sfruttamento del lavoro) in quello di “riduzione in schiavitù”.

Sul banco degli imputati, Giuseppe Mariano, 80 anni, di Porto Cesareo, marito della titolare dell’azienda agricola e Mohamed Elsalih, 39enne originario del Sudan, che avrebbe svolto il ruolo di mediatore per gli arrivi in Salento dei braccianti.

Entrambi rispondono anche dell’accusa di omicidio colposo (rimasta invariata). Dovranno presentarsi il prossimo 4 luglio, dinanzi ai giudici della Corte d’Assise, per l’inizio del processo, come disposto dal giudice Francesca Mariano.

Già nella scorsa udienza, quest’ultima aveva sollevato dei dubbi sulla “competenza” del Tribunale monocratico, chiedendo di valutare altre accuse per il decesso di Mohammed Abdullah, 47enne, lavoratore stagionale originario del Sudan.

Secondo la nuova ipotesi accusatoria formulata dal pm Guglielmi, i due “riducevano e mantenevano numerosi cittadini extracomunitari di nazionalità prevalentemente sudanese, in stato di soggezione continuativa, condizione analoga alla schiavitù, costringendoli a prestazioni lavorative nei campi in condizioni di assoluto sfruttamento”.

Gli imputati sono assistiti rispettivamente dagli avvocati Antonio Romano e Ivana Quarta (sostituita oggi in udienza dall’avvocato Giuseppe Sessa).

Inoltre, si sono già costituiti parte civile, per la moglie e i figli della vittima, la Cigl ed il Cidu (Centro Internazionale Diritti Umani). Sono assistiti dagli avvocati Cinzia Vaglio, Viola Messa, Paolo D’Amico e Cosimo Castrignanò. Non solo, anche le aziende Mutti e Conserve Italia (collegata alla Cirio), difese dai legali Anna Grazia Maraschio e Vincenzo Muscatiello.

Le indagini

Mohammed Abdullah è morto d’infarto, dopo un malore, intorno alle 14.00 del 20 luglio 2015, nelle campagne tra Nardò e Avetrana, orario in cui la colonnina di mercurio segnava una temperatura prossima ai 40 gradi.

Quando i sanitari del 118 sono arrivati sul luogo, il cittadino sudanese era già deceduto.

Gli accertamenti investigativi sono stati condotti dai carabinieri del Ros e dagli ispettori dello Spesal. I militari hanno cercato di ricostruire anche la cosiddetta “filiera”. I pomodori erano destinati ad importanti imprenditori attivi nell’industria conserviera, sia in Puglia che in altre Regioni italiane. Al termine degli accertamenti, occorre sottolineare, non sarebbe però emersa da parte di questi imprenditori, alcuna consapevolezza delle condizioni di lavoro disumane dei braccianti agricoli, impegnati nella raccolta dei pomodori.



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