“Una disponibilità totale e incondizionata alle richieste del clan”. Il Riesame su Antonio Megha, ex assessore di Neviano

Nel provvedimento vengono evidenziate le motivazioni con cui nei mesi scorsi venne rigettata l’istanza della difesa che chiedeva l’annullamento dell’ordinanza di custodia cautelare

“Accertata la possibilità di non essere nuovamente eletto in consiglio comunale alle elezioni del settembre del 2020, non ha esitato a fare ricorso al sodalizio criminale, stringendo un esplicito accordo elettorale politico-mafioso con Coluccia Michele, per il tramite di Giangreco Nicola”.

È uno dei passaggi chiave delle motivazioni del Tribunale del Riesame, a firma del relatore Antonio Gatto, con cui nei mesi scorsi venne rigettata l’istanza della difesa che chiedeva l’annullamento dell’ordinanza di custodia cautelare, a carico dell’avvocato Antonio Megha, ex sindaco di Neviano ed assessore alla cultura dimissionario. Quest’ultimo venne arrestato nel febbraio scorso, assieme ad altre 14 persone, dai carabinieri del Nucleo Investigativo del Reparto Operativo di Lecce.

Il relatore Gatto nelle 33 pagine di provvedimento del Riesame, inoltre, sostiene che Megha: “ha palesato una disponibilità totale e incondizionata alle richieste del clan, tanto da indurre a ritenere che le sue dimissioni dalla carica di assessore, nonché la nomina della Commissione prefettizia presso il Comune di Neviano, non siano elementi di novità sufficienti a scongiurare definitivamente il rischio di reiterazione di analoghe condotte criminose”.

Inoltre, il relatore ricorda che nell’ordinanza di arresto vengono richiamate conversazioni intercettate dopo la competizione elettorale, con la nuova amministrazione già insediata, in cui “Megha fa riferimento a dazioni di somme di denaro in cambio di appalti, a dimostrazione del fatto che nonostante la formale incensuratezza, abbia dimestichezza con pratiche illecite, che può manifestarsi anche al di fuori del Comune di Neviano, e anche al di là di contesti strettamente politico-amministrativi, facendo oramai parte dell’agire abituale dell’indagato”.

Inoltre, il relatore sottolinea come già il gip “ridimensionando la richiesta formulata dal pubblico ministero, ha applicato nei confronti di Megha  la gradata misura degli arresti domiciliari, in luogo di quella della custodia cautelare carceraria richiesta dalla Pubblica Accusa”.

Antonio Megha, assistito dall’avvocato Giuseppe Corleto, ha presentato ricorso in Cassazione contro il provvedimento del Riesame.

Il 62enne di Neviano, deve difendersi dall’accusa, avanzata da Carmen Ruggiero della Dda, di un “patto di scambio politico-mafioso“ con il clan Coluccia.

Nelle settimane ore, Antonio Megha ha chiarito la propria posizione dinanzi al gip Sergio Tosi ed ha negato l’esistenza di un patto politico-mafioso e di avere ottenuto voti dalla famiglia Coluccia, in cambio di una serie di favori.

Invece, sottolinea il giudice nell’ordinanza: “l’infiltrazione dell’organizzazione mafiosa nell’apparato amministrativo del Comune di Neviano mediante l’inserimento di soggetti di diretta espressione del clan Coluccia”. Ed in particolare, viene riportata una conversazione intercettata con una terza persona, in cui Megha riferiva di avere condiviso l’intenzione del mediatore Nicola Giangreco di rivolgersi al clan e di rendersi disponibile a soddisfare ogni loro richiesta, mentre Michele Coluccia gli garantiva cinquanta voti: “comunque gli ho detto le cose, gli ho detto guarda poi, dimmi… io che devo fare, perchè… non è che, per regolarmi che devo fare per voi, ha detto se è per noi … se è… ci sentiamo…. dice,  PERÒ HA DETTO NON PIÙ DI CINQUANTA VOTI TI POSSIAMO GARANTIRE, ho detto, sono tanti dico… poi dico naturalmente inutile dire che puoi disporre su Neviano”. Nel prosieguo, Megha precisava che in cambio dei cinquanta voti si era impegnato a corrispondere la somma di 3.000 euro nonché a rappresentare i loro interessi nel territorio calabrese adempiendo a qualsiasi incombenza. E in questo contesto, secondo il giudice, va inquadrata la richiesta di Giangreco di agevolare l’assunzione del figlio del capo clan Michele, all’interno di un’azienda che operava nel settore della raccolta dei rifiuti urbani sui territori di Aradeo, Neviano, Collepasso e altri comuni, come emerge da una conversazione intercettata.