Sembra passato un secolo da quando il “problema” della movida era il chiasso allegro del popolo della notte. Quel vociare che disturbava il sonno dei residenti che avevano la sfortuna (o fortuna) di avere un appartamento che si affaccia nei luoghi più in e frequentati dai giovani. Il Coronavirus che ha ‘stravolto’ le abitudini degli italiani ha cambiato anche le regole del divertimento. Così, in tempo di pandemia, la movida torna sotto accusa, ma questa volta per la paura che possa contribuire ad aumentare la curva dei contagi, finalmente in discesa. Il virus non è stato sconfitto, continuano a ripetere gli esperti ‘aspettando’ di leggere gli effetti sui genitori dei ragazzi “ammassati” davanti ai bar. Una scena che si è ripetuta in tutte le città.
Anche a Lecce, dopo le immagini impressionanti del centro storico deserto durante il lockdown, le strade del salotto buono della città hanno tornato ad animarsi di gente. “Non è vietato” fa notare chi è contento di questa libertà ritrovata. E ha ragione. Il problema è che tra la folla, qualcuno ha dimenticato a casa il senso civico.
Stando ad alcune “segnalazioni” di cittadini leccesi, c’è chi non indossa le mascherine (“siamo all’esterno” questa la giustificazione addotta) o altri dispositivi di protezione individuale, chi non rispetta la distanza o quelle misure di distanziamento sociale importanti per spezzare la catena dei contagi. Il rischio è che il comportamento scriteriato di pochi renda vano lo ‘sforzo’ di chi rispetta le regole e incontra gli amici in tutta sicurezza. Per questo – come si legge in una nota a firma dell’avvocato Cristian Marchello, responsabile di Condacons Lecce – è importantissimo che le istituzioni si attivino per evitare “assembramenti” nel weekend ormai alle porte.
Motivo per cui è stata inviata una diffida ex art. 140 codice del consumo al Comune di Lecce (e per conoscenza anche a Confesercenti e Confcommercio) per chiedere che siano adottate alcune misure di buon senso come l’obbligo di portare la mascherina anche all’aperto garantendo adeguati controlli. Come si legge nella diffida, se l’ingresso a parchi, ville e giardini pubblici è consentito, a patto che vengano rispettate regole rigorose, come il divieto di assembramento o l’obbligo di rispettare la distanza di sicurezza, le stesse ‘accortezze’ per contenere il contagio dovrebbero essere usate per la vita serale e notturna
Secondo l’associazione che ha come mission la difesa dei diritti dei consumatori, è necessario anche delimitare le zone notoriamente sovraffollate presidiando gli accessi e contingentando gli ingressi delle persone in modo da limitare fortemente possibili assembramenti. «Se non si è in grado di adottare e di far rispettare tali misure – si legge – l’unica soluzione possibile è quella di chiudere le zone o i locali della movida».