40enne morto dopo essersi buttato dal terzo piano dell’ospedale, chiusa l’inchiesta. Nove indagati

Gli indagati rispondono dell’ipotesi di reato di responsabilità colposa per morte in ambito sanitario.

Al termine dell’inchiesta sulla morte di un 40enne, trovato senza vita alle prime ore del 21 aprile 2022, all’interno di un giardinetto del “Vito Fazzi”, nei pressi del pronto soccorso, ci sono 9 indagati. L’uomo con problemi psichiatrici si era lanciato dal terzo piano dell’ospedale. L’avviso di conclusione delle indagini porta la firma del pubblico ministero Massimiliano Carducci.

Gli indagati rispondono dell’ipotesi di reato di responsabilità colposa per morte in ambito sanitario. Si tratta dei quattro direttori dell’area di competenza, all’epoca dei fatti, due medici e tre infermieri.

Sono assistiti dagli avvocati: Luigi Covella, Andrea Starace, Raffaele Benfatto, Salvatore Cristian Sturdà, Luigi Piccinni, Ilario Manco, Diego Cisternino, Pierandrea Serio, Maurizio Memmo. Ed hanno venti giorni a disposizione per chiedere di essere interrogati o per produrre memorie difensive, prima che il pm chieda il rinvio a giudizio e dunque il processo.

L’inchiesta è scattata dopo la denuncia presentata dalla sorella del 40enne, attraverso l’avvocato Fulvio Pedone. I familiari della vittima chiedevano alla magistratura che venisse fatta chiarezza su quanto accaduto, in particolare, su eventuali mancati controlli sul parente, affetto da disturbi psichiatrici, da parte del personale del reparto. Le indagini avrebbero evidenziato una serie di negligenze per la morte del paziente.

In base alla ricostruzione degli inquirenti, il paziente era stato ricoverato nel reparto covid di medicina interna (poiché positivo al virus) del “Vito Fazzi”, benché affetto da patologia psichiatrica.

I quattro direttori, sostiene l’accusa, non avrebbero attivato i posti letto per pazienti psichiatrici affetti da Covid, nel reparto di psichiatria, contrariamente a quanto previsto dalla circolare ministeriale, per prevenire i rischi di suicidio.

E poi, uno dei due medici di turno, pur conoscendo il quadro clinico del paziente, ritiene sempre l’accusa, non avrebbe fatto alcuna segnalazione per il trasferimento presso un reparto psichiatrico dotato di posti letto per pazienti Covid.

Gli infermieri e il medico di turno, subentrante al primo, non avrebbero predisposto un’attenta sorveglianza, nonostante fossero stati avvisati dall’altro “camice bianco”, della condizione del paziente.