Il debito tributario è inesistente, ma per il Fisco deve pagare: la disavventura di un salentino

I Giudici accolgono finalmente la richiesta di un cittadino leccese che però nel frattempo ha dovuto pagare tasse illegittime.

Disavventura quella accaduta a un contribuente salentino che ha dovuto affrontare una causa di oltre un anno per ottenere il semplice sgravio di una grossa “cartella pazza”. È una storia paradossale quella che ha coinvolto un cittadino leccese destinatario di una cartella esattoriale per un presunto debito col Fisco. Dopo lo spavento iniziale, data la considerevole somma richiesta, il contribuente si faceva forza e cercava di capire quale fosse il motivo della richiesta, senza però venirne a capo.

“Nonostante ciò”, racconta il legale del contribuente, l’Avvocato Matteo Sances “il mio assistito non si perdeva d’animo e insieme abbiamo chiesto prontamente di confrontarci con i funzionari dell’Agenzia delle Entrate di Lecce i quali ci spiegavano che risultava a nome del contribuente un modello di pagamento F24 consegnato in maniera anonima presso uno sportello di Poste Italiane con il quale si era proceduto alla compensazione di presunti debiti tributari del 2014 con crediti d’imposta inesistenti”.

Continua l’Avv. Sances “Non conoscendo assolutamente quel modello F24, abbiamo da subito sporto denuncia dinanzi alla Procura della Repubblica, ma contemporaneamente abbiamo depositato agli uffici delle Entrate la prova del pagamento integrale delle imposte 2014 – ossia la dichiarazione dei redditi e le ricevute di pagamento delle imposte – ma nulla da fare”.

Il contribuente, infatti, spiegava ai funzionari che – indipendentemente da chi avesse presentato quel modello F24 – se comunque vi era stata una compensazione tra un credito d’imposta inesistente con un debito altrettanto inesistente non vi era alcuna evasione né tantomeno alcuna richiesta da parte dell’Erario poteva trovare giustificazione, ma ancora nulla da fare e dunque era costretto ad adire l’Autorità Giudiziaria.

I Giudici, quindi, esaminati i fatti di causa accoglievano finalmente le richieste del contribuente e annullavano la cartella di pagamento.

Nello specifico la Commissione Tributaria Provinciale di Lecce, ha espressamente affermato che: “…l’evidente illogicità di compensare un credito d’imposta inesistente con debiti d’imposta altrettanto inesistenti, induce il Collegio a ritenere che anche il recupero a titolo di IRAP, relativamente all’anno d’imposta 2014, non corrisponda ad alcun reale debito Irap per quell’anno, essendo palese che l’Ufficio abbia fondato il recupero in questione esclusivamente sulla base dell’inesistenza del credito d’imposta indicato nel Modello F24 la cui effettiva riconducibilità all’odierno ricorrente non può ritenersi provata” (sentenza n.113/03/19 passata in giudicato il 22 luglio 2019).

Il Collegio, in pratica, evidenziava l’evidente illogicità dell’operato dell’Agenzia delle Entrate di Lecce.
In altre parole, il Fisco disconosceva (giustamente) la veridicità della dichiarazione, presentata da ignoti, nella parte in cui indicava il presunto credito d’imposta, ma non faceva altrettanto in merito alla parte in cui veniva riportato un debito d’imposta inesistente nonostante le prove fornite prontamente dal contribuente.

Tale sentenza è passata in giudicato il 22 luglio scorso poiché non è stata impugnata né dall’Agenzia delle Entrate di Lecce né dal Concessionario della riscossione – che dunque hanno riconosciuto la correttezza della pronuncia dei giudici – ma comunque il calvario del contribuente non è ancora finito poiché, come riferito dallo stesso Avv. Sances “in attesa della sentenza il contribuente è stato comunque costretto a chiedere di rateizzare le pretese e a pagare alcune rate (per evitare che l’Agenzia delle Entrate potesse procedere con ipoteche sui suoi immobili o pignoramenti) ma ad oggi, nonostante le nostre diffide, il rimborso di quelle somme tarda ad arrivare e sicuramente non ci fermeremo fino a che non otterremo la restituzione di quanto pagato”.

“Inutile dire che, nonostante il lieto fine della vicenda, il mio assistito rimane comunque molto amareggiato per quanto accaduto. In effetti da anni sostengo che il rapporto tra Fisco e cittadini deve per forza migliorare perché se da una parte pagare le tasse è un dovere dall’altra è importante che lo Stato tuteli il contribuente ingiustamente tartassato, lo informi in merito ai propri diritti e in qualche modo costringa i funzionari del Fisco a riparare ai loro errori senza indurre i cittadini a rivolgersi ogni volta all’Autorità Giudiziaria e tra l’altro, come è successo in questo caso, a costringerli a pagare le pretese illegittime durante la causa in attesa della sentenza. Tutto ciò rischia di far perdere la fiducia dei cittadini nello Stato. Non dobbiamo dimenticare che queste vicende possono minare la salute dei contribuenti e in alcuni casi rovinare le loro famiglie e dunque ritengo che si debba dedicare sempre la massima attenzione. Per questo motivo, ormai da anni, ho costituito insieme ad altri colleghi un Centro Studi (www.centrostudisances.it) che ha proprio la finalità di informare costantemente i contribuenti in merito ai propri diritti. Da sempre sono convinto che noi professionisti abbiamo il dovere sociale di informare e dare comunque il nostro contributo, ma lo Stato deve necessariamente fare la sua parte”.

L’impressione, infatti, è che la questione si sarebbe potuta risolvere molto prima con un po’ di buon senso e con un miglior dialogo tra Fisco e contribuente.

(nella foto in copertina l’Avv. Matteo Sances)