Rapina sfociata in omicidio, nei pressi dello sportello bancomat. I due fermati dinanzi al Gip

È fissata per domani mattina, l’udienza di convalida del fermo dei due presunti responsabili dell’omicidio del 69enne di Monteroni, Giovanni Caramuscio, ex direttore di banca.

È fissata per domani mattina, l’udienza di convalida del fermo dei due presunti responsabili dell’omicidio del 69enne di Monteroni, Giovanni Caramuscio, ex direttore di banca.

Dinanzi al gip Laura Liguori, compariranno Paulin Mecaj, 30enne di origini albanese ma residente a Lequile (considerato l’autore materiale dell’omicidio) e il presunto complice Andrea Capone, 28enne originario di Tricase ma residente a Lequile. L’udienza si terrà presso il carcere di Borgo San Nicola. I due sono stati raggiunti da un decreto di fermo emesso dal sostituto procuratore Alberto Santacatterina. Domattina potranno fornire la loro versione dei fatti o avvalersi della facoltà di non rispondere, dinanzi al giudice. Paulin Mecaj è difeso dagli avvocati Luigi e Roberto Rella. Invece, Andrea Capone è assistito dagli avvocati Raffaele Francesco De Carlo e Maria Cristina Brindisino.

I due fermati rispondono di omicidio volontario aggravato, in concorso, porto abusivo di arma alterata e ricettazione. Si terrà nelle prossime ore, anche l’autopsia sul corpo di Giovanni Caramuscio, per ricostruire con esattezza le cause della morte. L’incarico sarà conferito al medico legale Alberto Tortorella. I familiari di Giovanni Caramuscio sono assistiti dall’avvocato Stefano Pati.

Le indagini

Da quanto già emerso nel corso delle indagini condotte dai carabinieri del Nucleo Investigativo del Reparto Operativo del Comando Provinciale e della Compagnia di Lecce, l’ex direttore di banca è stato attinto da due colpi di pistola che hanno raggiunto il torace, dinanzi agli occhi increduli della moglie. Il 69enne di Monteroni, è stato sparato, intorno alle 23 di venerdì scorso, mentre prelevava ad uno sportello del Banco di Napoli che si affaccia sulla Lequile-San Pietro in Lama. Grazie ad alcune preziose testimonianze, i militari sono prima risaliti a Mecaj. Un testimone ha raccontato di avere notato un soggetto dirigersi, poco dopo i fatti, verso un pozzo nelle vicinanze della banca. E gli uomini in divisa hanno rinvenuto un sacchetto contenente gli indumenti che sarebbero stati utilizzati durante la rapina conclusasi tragicamente. Il pozzo si trova presso l’abitazione del sospettato e i carabinieri hanno fatto irruzione nell’abitazione, trovando l’uomo in stato di agitazione. Ed hanno rinvenuto anche la maglietta che avrebbe indossato al momento della sparatoria, da cui avrebbe tolto il logo per impedire l’identificazione. Sempre all’interno della casa, i carabinieri hanno trovato la presunta arma del delitto che il 30enne avrebbe cercato di nascondere in una pianta. Inoltre, nella memoria del telefono cellulare di Mecaj sono state rinvenute alcune foto e un video nel quale veniva ritratto mentre si esercitava con la pistola Beretta.

Poche ore dopo, i carabinieri hanno identificato il presunto complice. Nei suoi confronti, come si legge nel decreto di fermo, sono stati ravvisati i gravi indizi di colpevolezza. Capone sarebbe stato incastrato dalla felpa scura a maniche lunghe ritrovata all’interno di un pozzo dai Vigili del Fuoco e che, come emerge dai filmati dei sistemi di videosorveglianza, sarebbe la stessa che indossava il rapinatore non armato, la sera del tragico fatto di sangue. Si tratta dell’indumento che il 28enne ha vestito in altre occasioni, così come evidenziato in due foto pubblicate sul suo profilo facebook. Inoltre, dall’esame del telefonino in uso a Mecaj, sarebbe risultato che l’utenza intestata a Capone, veniva ripetutamente contattata nei giorni precedenti alla rapina. Infine, l’abitazione del 28enne è nei pressi del luogo dove è avvenuto il fatto di sangue. Non solo, poiché la casa si trova a metà strada tra quella di Mecaj, dinanzi alla quale si trova il pozzo in cui vennero gettati gli indumenti utilizzati nella rapina e lo sportello del bancomat dove è avvenuto l’omicidio. Inoltre, secondo il pm, emergono elementi che fanno ritenere fondato il pericolo di fuga. Dai suoi spostamenti ricavati dal tracciamento dell’utenza telefonica (è stato localizzato a Lecce, in zona Stadio), emergerebbe che si è allontanato dalla sua abitazione e potrebbe rendersi irreperibile.



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