Rapina a un ex bancario sfociata in omicidio. Riesame conferma il carcere per il presunto complice del killer

Il Tribunale del Riesame ha rigettato il ricorso della difesa di Andrea Capone, 28enne originario di Tricase, ma residente a Lequile.

Il Riesame conferma il carcere per il presunto complice del killer di Giovanni Caramuscio, freddato con due colpi di pistola, il 16 luglio scorso, nei pressi dello sportello del bancomat a Lequile.

Il Tribunale del Riesame (Presidente e relatore Carlo Cazzella, a latere Edoardo D’Ambrosio e Valeria Fedele) ha rigettato il ricorso della difesa di Andrea Capone, 28enne originario di Tricase, ma residente a Lequile che chiedeva la revoca o l’alleggerimento dell’ordinanza di convalida del fermo e di applicazione della misura cautelare in carcere, disposta dal gip Laura Liguori. I due legali, alla presenza del pm Alberto Santacatterina che ha ribadito le accuse, hanno sostenuto l’insussistenza del pericolo di fuga, d’inquinamento probatorio (le prove sono state tutte già acquisite) e di reiterazione del reato, essendo Capone incensurato. Inoltre, il quadro accusatorio nei confronti del 28enne appare fortemente indiziario.  I due legali potranno presentare ricorso in Cassazione.

Il giovane risponde dell’accusa di omicidio volontario in concorso. Invece, Paulin Mecaj, 30enne di origini albanesi, residente sempre a Lequile, ritenuto degli inquirenti l’autore materiale dell’assassinio di Giovanni Caramuscio, è difeso dagli avvocati Luigi e Roberto Rella che non hanno presentato ricorso al Riesame.

Il decreto di fermo

Nei confronti di Capone, come si legge nel decreto di fermo, sono stati ravvisati i gravi indizi di colpevolezza. Il giovane sarebbe stato incastrato dalla felpa scura a maniche lunghe ritrovata all’interno di un pozzo dai Vigili del Fuoco e che, come emerge dai filmati dei sistemi di videosorveglianza, sarebbe la stessa che indossava il rapinatore non armato, la sera del tragico fatto di sangue. Inoltre, dall’esame del telefonino in uso a Mecaj, sarebbe risultato che l’utenza intestata a Capone, sia stata ripetutamente contattata nei giorni precedenti alla rapina. Infine, l’abitazione del 28enne è nei pressi del luogo dove è avvenuto il fatto di sangue. Non solo, poiché la casa si trova a metà strada tra quella di Mecaj, dinanzi alla quale si trova il pozzo in cui vennero gettati gli indumenti utilizzati nella rapina e lo sportello del bancomat dove è avvenuto l’omicidio. Inoltre, secondo il pm, emergono elementi che fanno ritenere fondato il pericolo di fuga. Dai suoi spostamenti ricavati dal tracciamento dell’utenza telefonica (è stato localizzato a Lecce, in zona Stadio), emergerebbe che si è allontanato dalla sua abitazione e potrebbe rendersi irreperibile.

Intanto, sarà una doppia consulenza a far piena luce sull’omicidio Il pm Santacatterina, in data 30 agosto, conferirà l’incarico al maresciallo capo dei Ris di Roma, Stefania Alleva. Il consulente, attraverso un accertamento tecnico irripetibile, dovrà stabilire la compatibilità balistica tra i proiettili ed i bossoli rinvenuti sul luogo del delitto e la pistola sequestrata all’interno dell’abitazione di Paulin Mecaj.

Sempre lo stesso giorno, la pubblica accusa conferirà l’incarico al maggiore dei Ris Cesare Rapone, per un altro accertamento tecnico irripetibile finalizzato ad accertare l’esistenza di tracce biologiche sugli abiti, sul passamontagna e sul portafogli in sequestro, estraendo (in caso di esito positivo) i profili genetici che saranno comparati con quelli dei due indagati.

I familiari di Giovanni Caramuscio, 69 anni di Monteroni, sono assistiti dall’avvocato Stefano Pati.



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