Operazione Tornado, arrestati i tre ‘ragazzi di Padreterno’ che mancavano all’appello

Sono finiti in manette i tre colpiti da ordine custodia cautelare che mancavano all’appello nel blitz dell’Operazione Tornado.

Per Marco Cananiello, 21enne di Maglie conosciuto come “Bravo” e Gianpiero Gallone, 28enne di Scorrano si sono aperte le porte del Carcere di Lecce. Luca Rosato, 24enne di Scorrano, invece, è finito ai domiciliari. Erano i tre nomi che mancavano all’appello dopo il blitz dell’Operazione “Tornado” che, alle prime luci dell’alba del 24 giugno, ha smantellato un’associazione criminale capitanata da Giuseppe Amato, personaggio di spicco della Sacra Corona Unita, legato al Clan Tornese di Monternoni.

I tre, colpiti da ordine custodia cautelare, hanno bussato alla porta dei Carabinieri, accompagnati dagli avvocati di fiducia.

 I «ragazzi di Padreterno»

C’era anche Cananiello nella spedizione punitiva contro Simone Paiano, ‘invitato’ a raggiungere il paninaro di via Don Luigi Sturzo, dove si è consumato l’omicidio di Mattia Capocelli, anche lui un «ragazzo di Padreterno». Non solo, in un’intercettazione, «Bravo» avrebbe dato la sua disponibilità a far esplodere l’ordigno, confezionato con 30 cobra (grossi petardi) e una bombola di gas, vicino all’abitazione della famiglia del 25enne che non solo aveva ammazzato “un affiliato”, ma aveva osato sfidarli, mettendo in dubbio il loro potere su Maglie. Per questo volevano vendicare l’affronto subito, in modo da rinsaldare la loro forza di intimidazione.

Ed era sempre Cananiello a raccogliere la ‘confessione’ di Francesco Amato, che lo aveva rassicurato di aver consegnato ‘qualcosa’ al padre. Probabilmente il machete utilizzato la sera del 25 aprile nell’agguato contro Paiano visto che dopo aggiunge che avrebbe dovuto farlo sparire « caso mai lo vanno a trovare e gli danno qualcosa!…», come si legge nell’ordinanza che riporta un colloquio.

Gallone, invece, è accusato di essere il ‘custode’ della sostanza stupefacente. Lo dimostrerebbero diverse intercettazioni come quella del 22 novembre 2017. In un colloquio tra Francesco Amato e Simone Natali, il figlio del boss faceva riferimento ad un terreno di proprietà o comunque nella disponibilità di Gallone, facendo intendere che era uno dei luoghi dove il gruppo era solito nascondere lo stupefacente, armi ed esplosivi. Tra l’altro aveva manifestato anche il timore che qualcuno, nottetempo, potesse sottrargli quanto occultato.

Luca Rosato, invece, secondo i Carabinieri, aveva il ruolo di custode della sostanza stupefacente. Aveva anche il compito di consegnarla, come dimostrerebbe il fatto che sia stato beccato e denunciato in stato di libertà il primo marzo. Nella sua abitazione, i Carabinieri del Norm di Maglie trovarono 5 dosi di “cocaina” del peso complessivo di 3 grammi, 14 grammi di “marijuana”, 2 grammi di “hashish”, un bilancino di precisione e materiale per il confezionamento delle dosi.

In una intercettazione, Gianpiero Gallone ‘comunicava’ la notizia a Matteo Presicce: “Ma a casa di Luca hanno fatto la perquisizione? così mi ha detto cuoco (Massimiliano Filippo)…non so” e, alla domanda: “Chi Luca?”, precisava “nostro” evidenziando l’appartenenza di Luca Rosato al sodalizio.

 

 



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