Si conclude con 3 condanne per oltre 30 anni complessivi di reclusione e ben 5 proscioglimenti, tra i quali spicca quello di Maria Assunta Stella, 56enne originaria di Martano, all’epoca dei fatti, moglie del presunto boss Totò Rizzo (estraneo a questa inchiesta), il processo di primo grado, con rito ordinario relativo ad una maxi operazione investigativa. Parliamo dell’inchiesta della Dda che portò, nel 2022, a ben 15 arresti per mafia, armi, droga, estorsioni su ordinanza a firma del gip Marcello Rizzo.
Oggi, i giudici della prima sezione collegiale (presidente Fabrizio Malagnino, a latere Maddalena Torelli e Marco Marangio Mauro) hanno disposto il non doversi procedere per difetto di querela, dopo la riqualificazione del reato di estorsione con metodo mafioso in esercizio arbitrario delle proprie ragioni, per Maria Assunta Stella, originaria di Martano (chiesti 10 anni e 6 mesi di reclusione). Non solo, anche per Francesco Zimari, di Martano (richiesta di 12 anni) e Mauro Palumbo, di Andria (il pm aveva chiesto 4 anni). I tre rispondevano del reato di estorsione aggravato dal metodo mafioso.
Prosciolti per lo stesso motivo, anche Vincenzo Mazza (chiesti 10 anni e 6 mesi) e Gianpiero Pichierri (chiesti 4 anni). I due imputati, entrambi di Manduria, rispondevano di un altro episodio di presunta estorsione, con la stessa aggravante.
E poi, condanna a 10 anni di reclusione per Giuseppe Donato Donno di Zollino e Marco Carlomagno, di Carpignano Salentino (chiesti 15 anni) ed a 10 anni e 6 mesi per Marco Salzano, di Zollino (15 anni e 6 mesi). Questi tre imputati erano accusati, a vario titolo, di associazione per delinquere armata finalizzata al traffico di sostanze stupefacenti e sono stati assolti per singoli episodi di spaccio e sono cadute alcune aggravanti. I legali potranno fare ricorso in Appello contro le condanne.
Nella scorsa udienza, il pm Maria Vallefuoco aveva invocato 8 condanne per circa 90 anni di carcere.
Altri imputati sono stati già giudicati con il rito abbreviato.
Il collegio difensivo
Il collegio difensivo è composto dagli avvocati Giuseppe Presicce e Aldo Balducci, Umberto Leo, Oronzo Maggiulli, Dario Paiano, Stefano Sicuro, Francesco Zacheo.
Secondo l’accusa, la Stella in concorso con Zimari, Salvatore Beneloucif e Palumbo, avrebbe costretto un altro soggetto a versare somme di denaro, per il mancato pagamento di forniture di marmi ricevute da quest’ultimo. I fatti si sarebbero verificati nel giugno del 2020 a Melendugno. Secondo l’accusa, Palumbo per riscuotere il credito, si era rivolto a Beneloucif che a sua volta aveva interpellato Maria Assunta Stella in ragione della sua caratura criminale. La donna aveva poi materialmente incaricato Zimari della riscossione. Quest’ultimo si presentava, unitamente a soggetto non identificato, presso l’azienda dell’imprenditore, lasciando intendere di avere con sé un’arma. Inoltre, Zimari, assieme a Palumbo, ritornava presso la medesima azienda, stabilendo arbitrariamente le rate mensili da versare per l’estinzione del debito. E ad ogni scadenza si ripresentava per la riscossione della relativa rata, anticipando la visita del complice con una telefonata accompagnata da frasi intimidatorie del tipo “comportati bene se no a sto giro”. Non solo, poiché gonfiando l’ammontare delle somme di cui effettivamente risultava debitore l’imprenditore, lo costringevano a versare circa 8.000 euro su un debito arbitrariamente quantificato in 120mila euro.
Al termine del processo, come detto, sono stati tutti prosciolti.
Le indagini di questa maxi inchiesta sono state avviate nel mese di agosto del 2019 dai Carabinieri della Compagnia di Maglie e poi coordinate dalla Direzione Distrettuale Antimafia, a seguito del tentato omicidio a Soleto a colpi di arma da fuoco del pregiudicato Alberto Specchia. Alla base del gesto, i contrasti generati dalla concorrenza nell’attività di noleggio di lettini sulle spiagge delle marine leccesi e la gestione dello spaccio di sostanze stupefacenti, avente come epicentro Martano.
