Licenziato per i reati commessi 20 anni fa, azienda condannata a reintegrare il lavoratore allontanato

Il Giudice del Lavoro del Tribunale di Lecce ha accolto il ricorso presentato dal lavoratore licenziato per alcuni sbagli commessi oltre 20 anni fa.

Aveva pagato il suo conto con la giustizia e per quei reati commessi oltre 20 anni fa aveva scontato tutte le condanne. Chiuso quel capitolo aveva ricostruito la propria vita, sia a livello privato mettendo su famiglia, sia a livello lavorativo trovando un’occupazione onesta. Il passato è tornato, quando un lavoratore della ditta “Bianco Igiene Ambientale” è stato licenziato per avere a suo carico precedenti penali. Assistito dagli avvocati Fernando Caracuta e Antonio Coluccia del Foro di Lecce, ha bussato alla porta Giudice del lavoro del Tribunale di Lecce per difendere quella che riteneva un’ingiustizia.

Con ordinanza del 10 gennaio 2020, il giudice Luca Buccheri ha accolto il ricorso presentato dal dipendente licenziato, dichiarando illegittimo il licenziamento comunicato il 25 maggio 2019 con una lettera. Insomma, i vecchi sbagli dell’uomo avrebbero spinto l’azienda ad allontanarlo invocando la normativa antimafia o il timore di provvedimenti interdittivi che, di fatto, non ci sono mai stati. Questi provvedimenti della Prefettura sono il risultato di un quadro chiaro, completo e convincente del pericolo di infiltrazione mafiosa che non può fondarsi solo ed esclusivamente sulla presenza di dipendenti con precedenti. Sono tanti, infatti, gli indizi che si devono incastrare, come, per esempio, il potere della criminalità organizzata di incidere sulle assunzioni dell’impresa e, mediante ciò, di inquinarne la gestione a propri fini.

I legali dell’uomo hanno sostenuto che le mansioni di operatore ecologico, svolte dal lavoratore senza alcuna negligenza, non potevano certo consentire alcuna infiltrazione mafiosa, tesi colta anche dal giudice. Come disposto dal giudice, l’azienda ora dovrà reintegrare l’uomo restituendogli il posto di lavoro precedentemente occupato.

Non solo, come si legge, dovrà corrispondere “una indennità risarcitoria commisurata all’ultima retribuzione globale di fatto maturata dal giorno del licenziamento all’effettivo reintegro e comunque non superiore a dodici mensilità della retribuzione globale di fatto, con interessi e rivalutazione monetaria dalla data del licenziamento sino al soddisfo ed a versare in favore del lavoratore i contributi previdenziali e assistenziali”.

“Con l’auspicio che l’azienda interessata alla pronuncia in commento – concludono gli avvocati Fernando Caracuta e Antonio Coluccia – così come tutte le altre del settore, si attivino per porre definitivo rimedio ai numerosi licenziamenti intimati per le medesime ragioni, anche al fine di ridare la giusta serenità ai loro dipendenti”.