
Ridussero in fin di vita due rumeni dopo un litigio. Individuati e sottoposti alla custodia a cautelare in carcere dagli uomini del Commissariato taurisanese, quattro uomini del luogo
Dal litigio in un bar alla rissa vera e propria che ha portato al quasi omicidio di un rumeno. Il 19 gennaio scorso gli agenti di Polizia del commissariato di Taurisano arrestarono il 32enne del luogo Samuel del Nilo con l’accusa di tentato omicidio, durante l’aggressione compiuta, il giorno prima, da alcuni cittadini italiani ai danni di tre rumeni. Il fattaccio si era già consumato intorno alle 21.15 in via Negri, quando gli agenti agirono in ausilio del personale medico del 118 che stava soccorrendo una persona in fin di vita ed altri due giovani rumeni, anch’essi aggrediti all’interno di un appartamento sito al seminterrato del casolare sito al civico 18. Oggi si è chiuso il cerchio attorno a questa triste vicenda.
Sono stati arrestati, infatti, gli altri complici di Del Nilo che, con lui, erano partiti in missione punitiva verso casa dei malcapitati rumeni. Quattro ordinanze di custodia cautelare hanno raggiunto, quindi, due fratelli gemelli Massimiliano e Pierluigi Scarlino, di 39 anni (soprannominati “cioccia”, cugini del più noto pluripregiudicato Giuseppe Scarlino detto “Pippi Calamita”, ergastolano, capo del clan della SCU operante in zona e paesi limitrofi, dedito al traffico ed allo spaccio di sostanze stupefacenti, nonché alle rapine ed alle estorsioni, di cui i gemelli in questione facevano parte), Giovanni Maruccia 36enne e Rocco William Attanasio di 23enne. Tutti gli arrestati sono residenti a Taurisano e dovranno rispondere a vario titolo, oltre al tentato omicidio che pende sul capo di Del Nilo, di lesioni gravi continuate in concorso, detenzione di porto d’armi da taglio, violazione di domicilio aggravato.
Fondamentale per la buona riuscita delle indagini sono state alcune testimonianze rilasciate da alcuni testimoni che erano presenti al momento dell’aggressione avvenuta all’interno di due abitazioni vicine, situate nello stesso seminterrato: la madre ed il fratello di due degli aggrediti. Soprattutto quest’ultimo è stato importantissimo per risalire all’origine della diatriba. Il pomeriggio del 28 gennaio, infatti, in un bar di P.zza Fontana in cui i rumeni si trovavano, entrò un gruppo di italiani. I rumeni vennero minacciati e schiaffeggiati da Samuel Del Nilo. Il gruppo di taurisanese stava intimando ai rumeni di smetterla con i furti (che a loro dire compivano all’interno del paese salentino), dicendoli che, se proprio avessero voluto continuare a farli, avrebbero dovuto pagargli “il pizzo”. I rumeni, all’oscuro di tutto, smentirono le parole dei malintenzionati ed uno di loro rispose con uno spintone. Quella fu la goccia che fece traboccare il vaso. Ricevuto lo spintone, infatti, uno dei taurisanesi li minacciò, dicendo: “Ci vediamo tra poco”. Una promessa che divenne realtà dopo tre quarti d’ora.
Del Nilo ed i suoi complici si presentavano a casa dei rumeni, armati di mazze da baseball e coltelli. Così si aprirono le danze. Mentre Attanasio bloccava la vittima per le braccia, Del Nilo gli sferrava alcuni colpi con un coltello a punta di lama piuttosto lunga, colpendolo sulla caviglia della gamba sinistra, sulla coscia sinistra ed all’interno della coscia destra all’altezza dell’inguine. Nel frattempo, gli altri aggredivano l’altro loro fratello che veniva colpito nella parte sinistra del capo con una mazza da baseball e con un coltello tanto da renderlo in fin di vita. Nello stesso tempo, infine, anche un cugino di quest’ultimo veniva lievemente ferito con la mazza a baseball. Da successivi accertamenti, gli agenti hanno accertato che gli autori di questa ulteriore aggressione furono i gemelli Scarlino, per quanto riguarda il ferito più grave, e Giovanni Maruccia per il ferito lieve.
Quella stessa notte, Del Nilo veniva tratto in arresto per concorso nell’aggressione e per aver portato fuori dalla propria abitazione, senza giustificato motivo, un bastone ed un coltello affilato e di essersi introdotto nell’abitazione dei rumeni violandone il domicilio.
Nelle indagini è entrato anche un sesto personaggio. M.Q., un italiano che si trovava all’interno dell’abitazione durante l’aggressione, che ha visto tutto, è rimasto illeso perché si è nascosto dietro ad un armadio ed è indagato per favoreggiamento. L’uomo, già pregiudicato, ha riferito di non aver avuto il tempo di vedere chi fossero gli aggressori, ma le dichiarazioni degli aggrediti e dei testimoni lo smentiscono. L’uomo, quindi. Ha omesso di riferire al personale operante chi fossero gli autori del fatto criminoso, intralciando, così, non solo le indagini, ma anche dando ai soggetti la possibilità di eludere le investigazioni a loro carico e sottrarsi all’applicazione della legge.
A questo si aggiunge che M.Q., subito dopo l’aggressione ai cittadini rumeni, nonostante le numerose chiazze di sangue presenti nella sua stanza, sebbene il personale operante intervenuto sul posto lo avesse avvisato di tenersi a disposizione, chiudeva a chiave la porta della sua stanza e si allontanava dalla scena del delitto, per ritornarci dopo circa tre ore, sollecitato dalla telefonata da parte del proprietario dell’abitazione che lo aveva informato che la Polizia lo stava cercando; tale ulteriore comportamento di M.Q. ha intralciato per oltre tre ore il lavoro della Polizia Scientifica lì intervenuta per i dovuti rilievi tecnici.