Astensione nazionale dalle udienze. Anche la Camera Penale di Lecce aderisce all’iniziativa

Viene chiesto un immediato intervento legislativo a salvaguardia della concreta attuazione dei principi cardine del giusto processo.

Anche la Camera Penale di Lecce, aderisce all’astensione su scala nazionale per chiedere un immediato intervento legislativo a salvaguardia della concreta attuazione dei principi cardine del giusto processo. E nella mattinata del 27 giugno ci sarà un incontro dibattito sui temi dell’astensione, presso Palazzo De Pietro, in via Umberto I.

Ricordiamo che l’Unione delle Camere Penali Italiane ha indetto due giorni di astensione – il 27 e 28 giugno prossimi.

In particolare, i legali denunciano la compromissione del diritto dell’imputato a essere giudicato dal medesimo giudice che ha raccolto la prova in dibattimento. Un accadimento processuale che ormai si verifica quotidianamente nelle aule di udienza, quale effetto devastante di regressive interpretazioni della disciplina processuale, che consentono di ottenere la rinnovazione della prova in caso di mutamento del giudice.

Attraverso l’astensione, anche la Camera Penale di Lecce “Francesco Salvi” (Presidente Giancarlo dei Lazzaretti), aderente all’Unione delle Camere Penali Italiane, chiede un immediato intervento legislativo.

Nello specifico, come si legge nel comunicato: “Le due giornate di astensione dalle udienze proclamate dalle Camere Penali vogliono rappresentare un momento di protesta ferma verso l’ennesima contrazione delle garanzie processuali a danno dei cittadini. La prassi giudiziaria, sulla scorta di una sentenza della Corte di Cassazione a Sezioni Unite (Bajrami, n. 41736/19) ha di fatto eliminato un diritto cardine del giusto processo, radicato nel nostro ordinamento, ovvero l’obbligo di immutabilita’ del giudicante che prevede che il giudice dinanzi al quale si forma la prova sia lo stesso che emette la sentenza ( art. 525 c.p.p.)”.
“È evidente , continua il comunicato, che il giudice che assiste alla formazione della prova è messo nelle condizioni di percepire in maniera diretta, piena, immediata quanto accade nell’aula di udienza, in termini anche di espressioni non verbali e di comportamenti delle parti processuali e dei testimoni. La stessa conduzione del processo con la selezione delle prove deve trovare logico sbocco nella sentenza e ciò può essere garantito solo dalla immutabilita’ del giudice o del collegio di giudici. Consentire, come oggi accade, che le diverse udienze, e la assunzione delle prove, in uno stesso processo vengano governate da giudici che possono essere anche diversi e che la stessa sentenza possa essere pronunciata da un giudice che non ha partecipato alla assunzione delle prove, significa creare una frammentazione del meccanismo processuale che nuoce alla genuinità della decisione. Una cosa è ascoltare e vedere un testimone, altra leggere freddamente le dichiarazioni che ha reso”.
Soprattutto, continua il comunicato, “il continuo cambio degli organi giudicanti in un medesimo processo è causato da esigenze tabellari determinate da motivi di carriera, questioni personali di trasferimento e da fatti privati dei magistrati che non devono generare una limitazione dei diritti processuali delle parti e, quindi, degli utenti della Giustizia”. Dunque, ritengono i penalisti: “Occorre opporsi fermamente a tale forte compromissione dei principi di oralita’ e immediatezza del contraddittorio, pretendendo la piena applicazione del principio della immutabilità o, quantomeno, la videoregistrazione di ogni fase processuale con eventuale pubblica rivisitazione videoregistrata dell’intero processo in caso di cambiamento del giudice in corso”.



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