Ci troviamo a Pola, città italiana dell’Istria. È il 1946, precisamente il 18 agosto. Da poco più di un anno è terminata la seconda guerra mondiale e in tutta la parte del nord-est dell’Italia, così come in tutta Europa, i nazisti hanno seminato morte e distruzione per cinque lunghi anni dal 1939.
Grazie alle truppe alleate di Stati Uniti, Inghilterra, Canada, Nuova Zelanda e agli eserciti degli Stati Europei che non si sono fatti piegare totalmente dell’occupante tedesco,il mondo libero ha vinto una guerra che sembrava infinita. Negli Stati dell’est finiti sotto l’occupante sovietico e titino però si è passati, dalla padella ardente hitleriana, alla brace comunista. L’Istria, già nel settembre-ottobre 1943 e poi dal maggio 1945 viene occupata,prima da bande partigiane di sbandati e criminali senza effettivo riconoscimento, poi dall’esercito popolare di liberazione jugoslavo del Maresciallo Tito così come la Croazia, la Slovenia, la Serbia, la Bosnia che successivamente diventeranno Jugoslavia, ossia territorio degli slavi. Pola, diversamente da tutto il territorio istriano diviene un’enclave sotto l’amministrazione anglo-americana perché, in quel tempo,una delle più grandi città istriane a maggioranza italiana, in larga parte contraria all’annessione alla Jugoslavia.
Sulla spiaggia di Vergarolla si sta tenendo la tradizionale gara natatoria per la Coppa Scarioni, organizzata dalla società dei canottieri “Pietas Julia”. La manifestazione ha l’intento di mantenere una parvenza di italianità.La spiaggia è gremita di bagnanti, tra i quali molti bambini. Ai bordi dell’arenile sono state accatastate ventotto mine antisbarco, appartenute in precedenza ai tedeschi. Queste dovevano essere utilizzate dai nazisti per impedire incursioni nemiche durante il periodo dell’occupazione.
Le mine possono contenere un totale di circa nove tonnellate di esplosivo ma sono ritenute inerti in seguito all’asportazione dei detonatori. La notte prima del 18 agosto 1946, alcuni criminali, aggiungono i detonatori alle mine. Alle 14,15 esplodono gli ordini che uccidono più di cento persone, solo sessantacinque vengono identificate. I feriti sono più di duecento. Alcune persone rimangono schiacciate dal crollo dell’edificio della “Pietas Julia“.
L’esplosione si sente in tutta la città e da chilometri di distanza si vede un’enorme nuvola di fumo. I soccorsi sono complessi e frenetici. Nell’ospedale cittadino “SantorioSantorio” vengono portati i feriti e non tutti si salvano. Nell’opera di assistenza medica si distingue, in particolar modo,la figura eroica del dottor Geppino Micheletti che, nonostante nell’esplosione siano morti polverizzati i figli Carlo di nove anni e Renzo di sei, oltre al fratello, non lascia il suo posto di lavoro operando per quarant’otto ore di fila.
L’attentato dà il via all’esodo di ventottomila polesani che lasciano la città perché spaventati e perché sospettosi che i colpevoli di quell’attentato sono i titini.
Il Maresciallo Tito, con quell’attentato, ha il solo scopo di far perdere l’italianità di quella terra per diventarne lui il padrone. Dopo varie indagini su mandanti ed esecutori, si è venuti a conoscenza di in un’informativa intitolata “Sabotage in Pola”, datata 19 dicembre 1946 e desecretata una ventina di anni fa, conservata nel Public Record Office di Kew Gardens di Londra (Archivi Nazionali del Regno Unito)nella quale c’è scritto che gli autori materiali della strage di Vergarolla sono uomini appartenenti all’Ozna, ossia la polizia segreta jugoslava.
Con il trattato di Pace del 10 febbraio 1947 Pola diventa una città Croata e prende il nome di Pula.
(Immagine tratta dal web)
