Quando il povero non è più soltanto colui che chiede l’elemosina

Si celebra la giornata dedicata ai poveri. Nelle parole della Caritas la preoccupazione per i nuovi tipi di povertà. Lecce sottoscrive il patto sociale.

Lo dicono le indagini Istat: nel 2016 la povertà assoluta ha coinvolto il 6,3% delle famiglie e la povertà relativa il 10,6%. Al Sud? Una persona su 3 è a rischio povertà con un distacco di 10 anni dal Nord.

Sempre nel 2016 si stima siano 1 milione e 619mila le famiglie residenti in condizione di povertà assoluta. Per povertà assoluta – povertà estrema – si intende la condizione più difficile nella quale un individuo non dispone – o dispone a intermittenza – delle risorse fondamentali per il sostentamento, come l’acqua, il cibo, il vestiario e l’abitazione.

E’ la giornata mondiale della Povertà

Che sia assoluta o relativa, oggi si celebra la giornata mondiale della Povertà e Papa Francesco dal Vaticano ha divulgato uno dei passi più significativi del Vangelo per diffondere un messaggio profondo: si legge “Non amiamo a parole né con la lingua, ma con i fatti e nella verità”. Un imperativo che vuole contrapporre le parole vuote, quelle inutili e che a nulla servono per cambiare la situazione, ai fatti concreti con cui ognuno di noi è chiamato a misurarsi quando vede un povero o viene a conoscenza di una condizione di estrema difficoltà di una persona o di un’intera famiglia.

E’ cambiato il concetto di povertà

La parola Povertà fa paura, sì, perché ci pone dinanzi alla realtà nuda, quella dalla quale spesso vogliamo scappare. Eppure oggi, la Povertà è cambiata e si può celare anche dietro apparenti situazioni di “normalità”. Oggi le difficoltà economiche turbano il sonno di tante famiglie che nel tempo hanno investito nel benessere dei componenti di tutta la famiglia, in primis dei figli. Eppure il disagio avanza, soprattutto, va detto al Mezzogiorno.

Questo cambiamento è stato ben avvertito da chi affronta ogni giorno situazioni di difficoltà, come Don Attilio Mesagne, referente Caritas a Lecce, che ben scrive “Fino a qualche decennio fa l’immaginario collettivo collegava la parola ‘povero’ con una persona senza fissa dimora che chiedeva l’elemosina per strada. Nel tempo questa immagine stereotipata si è rivestita di nuovi connotati: il cambiamento del mercato del lavoro, con la diffusione di contratti di lavoro atipico che tutelano poco i lavoratori, e la crisi economica, in particolare, hanno lentamente eroso le certezze di tanti”.

I nuovi poveri

Oggi i povero non è soltanto chi non ha lavoro, ma anche chi ce l’ha e si è visto ridurre lo stipendio, non riuscendo così più a pagare il mutuo di casa, povero è il divorziato oberato da esosi e spesso ingiustificati assegni di mantenimento, sono le donne sole, con figli o no, penalizzate da un mercato del lavoro che non le valorizza, poveri sono gli anziani con pensioni talmente basse da non riuscire non soltanto ad essere sostegno per figli o nipoti, ma soprattutto a vivere una vita dignitosa, poveri sono i giovani sfiduciati da un mercato del lavoro compresso, nonostante un percorso di studi lungo e faticoso.

Così come evidenzia anche Ernesto Abaterusso di articolo 1 – MDP, “il rapporto della Caritas sulla povertà giovanile in Italia colpisce come un pugno allo stomaco e ci restituisce un quadro inquietante, inaccettabile e poco rassicurante. Siamo di fronte ad una grave emergenza: 1 giovane su 10 nella fascia di età tra i 18 e i 34 anni è indigente e il 37% è a rischio esclusione sociale. In 10 anni la situazione è peggiorata con un aumento dei poveri che raggiunge oggi il 165%. È evidente che, al di là degli slogan il Governo nazionale non è stato in grado in questi anni di mettere mano alla crisi economica e alla disoccupazione con azioni strategiche”.

La Caritas contro le povertà

Si chiamano “nuove povertà”, e sono quelle che affrontano, tra le altre, le singole caritas diocesane che in un recente incontro sono state concordi nell’affermare che “l’approccio alle nuove povertà deve superare il mero assistenzialismo e rimettere al centro la persona con le risorse che la caratterizzano. Bisogna essere in grado – si legge nelle parole riportate da don Attilio – di attivare processi di welfare responsabile che coinvolgano dal basso le comunità civili ed ecclesiali e le imprese e, dal’alto, le Istituzioni, fornendo alle persone in condizioni di disagio strumenti capaci di stimolare potenzialità e farle uscire dalla spirale della povertà”.

La firma del patto contro la povertà a Lecce

Proprio in quest’ottica fattiva, viene sottoscritto oggi ufficialmente a palazzo Carafa il “Patto locale per la prevenzione e il contrasto della povertà assoluta e per l’inclusione sociale attiva” . Un incontro pubblico presso l’Open Space per dar seguito all’incontro tenutosi nella serata di giovedì scorso tra il Comune e le associazioni di volontariato.

Il Patto, che resterà aperto a tutti coloro che vorranno aderire da questo momento in poi, è stato sottoscritto da 35 associazioni impegnate nel contrasto alle povertà: Anteas, Obiettivo Famiglia, Federcasalinghe, AEEOS Onlus, CNIS Onlus, Associazione Difesa Diritti Onlus, Movimento attivo di cittadinanza solidale, Caritas diocesana, Impronte giovani, Equoevento, For Life Onlus, Fondazione Casa della Carità, Associazione Don Tonino Bello, Associazione San Martino, Migrantes, Ass. Li Scumbenati, I have a dream, Il Capolavoro d’Amore, Laici Comboniani Lecce Onlus, CSV Salento, Avvocato di Strada, Casapound Italia, Noi con gli altri, Comunità Emmanuel-Aurora, SocialNetwork, Popoli e Culture Onlus, Associazione Volontari Caritas, Cooperativa Speranza, Croce Rossa Italiana Lecce, Diamo Vove e Volto, Agli Invisibili Onlus, Angeli della notte, Emporio della Solidarietà, City Angels, Associazione Michel Fokine balletto di Puglia.

Carlo Salvemini sottoscrive il patto

“Quella di oggi è un’iniziativa a carattere civile, sociale, politico – ha dichiarato il sindaco Carlo Salvemini – che vede la redazione e la sottoscrizione di un Patto per la lotta alle povertà e per l’inclusione sociale attiva con le associazioni che, da anni e quotidianamente, sono impegnate sulla frontiera del disagio sociale. É arrivato il momento di fare qualcosa di più che rivolgere un semplice grazie a chi assolve questo compito insostituibile”.

Nella speranza ovviamente che, come si scriveva all’inizio, alle parole seguano i fatti.



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