Il ‘Disobbediente’ Giuseppe Spagnolo pianta un ulivo in barba al divieto. ‘I nostri alberi anima del territorio’

Intervista a Giuseppe Spagnolo l’esperto in tecniche di trasformazione agroalimentare che ha piantato un albero di ulivo in contrasto con le direttive dell’Unione Europea che vietano il reimpianto in sostituzione delle piante abbattute.

Zappa sulla spalla e dito medio alzato davanti ad un piccolo albero di ulivo appena piantato. È questa la foto che Giuseppe Spagnolo, 32enne di Soleto specializzato in tecniche di trasformazione agroalimentare, ha postato sul suo profilo Facebook scrivendo la didascalia "Chiamatela disobbedienza…". Nel giro di poche ore la foto è diventata virale tanto da riscuotere migliaia di condivisioni e consensi. Il tutto in barba alle direttive dell'Unione Europea che impongono il divieto di piantare ulivi in sostituzione di quelli abbattuti a causa del noto batterio.
 
Di questo passo, nel giro di pochi anni, tale divieto trasformerà il paesaggio del Salento da macchia mediterranea in deserto. Con buona pace di coloro che altro non aspettano per dare il via libera all'edificazione selvaggia e legalizzata. Non ci sta Giuseppe, così come non ci stanno i tanti olivicoltori che hanno ricevuto le notifiche per l’eradicazione degli alberi infetti. Si chiama "disobbedienza civile", termine coniato nell'Ottocento dal filosofo statunitense Henry David Thoreau, e che oggi rappresenta una forma di lotta pacifica che comporta la consapevole e pubblica violazione di una precisa norma di legge considerata particolarmente ingiusta.
 
«L'idea del gesto nasce spontanea – dice Spagnolo – ed è scaturita dalla rabbia e dal senso di ribellione dopo le notizie degli ultimi giorni che stanno arrivando dall'Unione Europea che ci impone di distruggere i nostri ulivi secolari oltre al blocco di tante altre piante tipiche del nostro territorio. Vietare alla gente del Salento di piantare alberi di ulivo rappresenta per tutti noi un attacco ai diritti che noi consideriamo innati. I nostri ulivi millenari e monumentali piantati dai nostri nonni sono l'anima del nostro territorio e per nessuna ragione al mondo si può interrompere quella continuità che lega queste piante mediterranee alla nostra vita, alla nostra terra e alla nostra cultura».
In effetti il Piano-bis del commissario Silletti, approvato lo scorso 30 settembre, prevede la distruzione di oltre 3mila alberi tra le province di Lecce, Brindisi e Taranto. Per ogni albero abbattuto viene riconosciuto un contributo che va dai 98 ai 146 euro, somme che però servono solo a coprire le spese di eliminazione a carico del proprietario. Quindi non si tratta di un contributo per il valore dell'albero ma di un rimborso per i costi sostenuti per lo sradicamento. Inoltre, i proprietari dovranno estirpare gli ulivi entro dieci giorni dalla ricezione della notifica, altrimenti “in via sostitutiva” interverrà l’Agenzia regionale per le risorse irrigue e forestali che provvederà all'estirpazione degli alberi, comminando anche una salata multa al proprietario. Con la benedizione di Confagricoltura che nei giorni scorsi ha dichiarato che l'abbattimento è l'unica maniera responsabile per affrontare l'emergenza.

Dalla Regione Puglia è anche arrivato il monito dell’assessore alle Risorse agroalimentari, Leo Di Gioia, che ha richiamato tutti gli attori coinvolti ad adempiere ad ogni prescrizione imposta dal Piano, stigmatizzando azioni e comportamenti che «ostacolano l’unico strumento ad oggi valido, così come impone la Commissione Europea, per contenere l’avanzata del fitopatogeno».
A tutto questo susseguirsi di dichiarazioni istituzionali non ci sta Giuseppe che, sull'origine del fenomeno e su tutte le conseguenze che questo ha innescato a vari livelli, ha le idee molto chiare. «I contadini più anziani ci insegnano che l'ulivo può essere aggredito da tantissimi parassiti – prosegue  – e loro erano lì sui campi, sempre vigili a prendersi cura dei loro alberi con metodi tradizionali ed agro-ecologici senza l'uso massivo e spammatico dell'agrochimica dei veleni che in questi anni ha infettato suoli ed ecosistemi, impoverendoli ed indebolendoli. Prodotti che non hanno certamente ingrassato i frutti ma hanno ingrassato le tante lobby falso-agronomiche che rappresentano il vero macroparassita che ha infettato l'agricoltura salentina. Di fronte a tante anomalie del mondo accademico, penso che sul batterio xylella sia stato costruito da tempo un sistema burocratico e legislativo a livello nazionale ed europeo per far scattare un piano devastante per colpire il Salento e la sua economia. Non esiste al mondo nessun organismo così terribile, né alcun precedente nella storia dell'uomo, che abbia generato una malattia potenziale che abbia portato allo sterminio dei possibili pazienti e alla cancellazione di interi ecosistemi. Se io sono ammalato mi curano, non ammazzano me e tutta la mia famiglia! È questo che sta accadendo nel Salento e che umanamente non possiamo permettere. Dobbiamo difendere con tutte le nostre forze la terra a cui i nostri ulivi sono radicati da secoli».
 
Di certo non si aspettava di diventare in poche ore una star dei social e un simbolo di lotta ma questo non sembra preoccuparlo. «Sono estremamente onorato dal calore e dalla vicinanza che sto ricevendo da migliaia di cittadini del Salento e non solo, non avrei mai pensato che quel semplice autoscatto potesse avere una così spontanea diffusione ed oggi sono felice di aver contribuito a innescare quella scintilla che sta portando moltissime persone a ripetere il mio gesto e a condividere il mio esempio, affinché si ponga fine a questo andazzo intollerabile, alle iniquità e vessazioni a cui viene sottoposta la mia gente in questi mesi terribili di forte mobilitazione, resistenza e da oggi "disobbedienza". Bisogna sfruttare le nostre abilità, le nostre professioni e cariche istituzionali per reagire e fermare la follia di questa frode della xylella. Le buone pratiche, una seria presa di coscienza e il recupero dei danni dovuti ad una chimica spregiudicata, faranno risorgere la nostra terra più forte di prima».



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