Strano ma vero: l’indice di contagiosità da coronavirus più alto d’Italia si trova proprio in Puglia. Il valore che viene sintetizzato con la sigla Rt è prossimo all’1 solo nella nostra regione: 0,94.
Un dato peggiore anche della Lombardia (0,9) e del Lazio (0,93, dove si è acceso un nuovo focolaio in un ospedale di Roma). C’è, quindi, da preoccuparsi? Secondo Pier Luigi Lopalco assolutamente no, anzi.
L’epidemiologo a capo della task force per l’emergenza Coronavirus in Puglia scelto da Michele Emiliano, infatti, in una intervista rilasciata a Open confessa di non farci proprio caso, oggi, a questo dato.
“L’Rt (l’indice di trasmissibilità della malattia, ndr) non lo guardo proprio, non perdo nemmeno il tempo a calcolarlo, non serve – dice. Non ha senso farlo adesso, genera soltanto confusione, poteva essere utile in piena fase epidemica ma non ora. Per questo abbiamo chiesto all’Istituto superiore di sanità di non calcolare più l’Rt delle regioni che sono scese ormai sotto una certa soglia”.
Come molti sanno, l’Rt misura il tasso di contagiosità del Covid19 e lo fa studiando il rapporto tra i casi registrati in una settimana e quelli generati nella settimana precedente. In Puglia i casi si sono ridotti ai minimi termini da più di qualche giorno e per Lopalco anche un singolo caso può spostare il valore dell’Rt. “In Puglia, con numeri bassissimi basta un caso per causare questi aumenti improvvisi dell’Rt ma, davvero, niente di preoccupante”.
Ad occupare gran parte del lavoro delle ultime settimane della task force pugliese, invece, è il numero degli asintomatici. “Nell’ultima settimana gli asintomatici sono il 70%; su 20 malati ben 15 non hanno riscontrato alcun sintomo – commenta Lopalco. E l’Rt viene calcolato dalla data di inizio dei sintomi per i pazienti, quindi gli asintomatici non vengono nemmeno considerati perché sintomi non ne hanno”.
Al momento, poi, in Puglia “non ci sono nuovi focolai” e i tamponi, “dai 2 ai 3mila al giorno”, si stanno concentrando soprattutto nelle Rsa, operatori sanitari e lavoratori: “infatti l’età media di contagio ora è di 56 anni, prima era molto più alta. Il motivo? Abbiamo messo a riparo gli anziani mentre i lavoratori, quindi i più giovani che ogni giorno si muovono per andare sul posto di lavoro, sono i più esposti al virus”.
Un altro aspetto che si monitora molto è il rapporto tra calo vertiginoso di ricoveri e terapie intensive (al momento 60 i pazienti in ospedale, 2 in T.I), e decessi, che calano molto più lentamente.
“Ci siamo posti il problema e riteniamo che si tratti di morti che probabilmente non necessitavano di terapia intensiva. Non tutti i malati hanno bisogno di essere intubati. Ad esempio in Puglia abbiamo pochissimi pazienti in terapia intensiva e adesso stiamo ricoverando anche i casi lievi, per prudenza. Escludo, invece, che si tratta di persone decedute in casa senza assistenza”, conclude l’epidemiologo pugliese.