Le licenze all’epoca del Web: cose da sapere

La vendita di beni e servizi online: ecco cosa è cambiato dall’arrivo di Internet. I dati ufficiali parlano di un incremento generale del settore.

Negli ultimi tempi impazza il commercio online di beni e servizi, tanto che i dati ufficiali parlano di un incremento generale del settore di ben 8 punti percentuali solamente nel 2018, a fronte di oltre 35 miliardi di fatturato registrati soltanto in Italia nel 2017, spesi prevalentemente per viaggi e tempo libero e in particolare per prenotazioni online di alberghi e strutture, scommesse sportive, salute, bellezza e alimentazione.

Le stesse aziende, secondo le stime di Casaleggio Associati, sono sempre più pronte a investire nelle compravendite online, con una previsione del 74 per cento delle imprese locali che investirà, tramite risorse interne oppure esterne, proprio nel commercio elettronico, con piattaforme proprie oppure attraverso i principali marketplace (Amazon ed Ebay, ad esempio, per intendersi).

Visto anche il fiorire di nuovi operatori nei vari settori merceologici, tutto questo successo crescente dell’e-commerce pone l’attenzione sugli aspetti legali delle compravendite virtuali, sulle licenze, nonché sulla disciplina di legge da seguire su Internet per aprire un qualsiasi negozio di merci o servizi.

In particolare, per aprire un negozio in Rete, si può acquistare un proprio dominio oppure servirsi appunto di un e-marketplace, anche se esiste la possibilità del dropshipping, che si verifica quando un titolare di negozio vende un prodotto senza averlo però nel proprio magazzino o inventario.

In ogni caso ci sono, di norma alcune regole da seguire, e un sito di e-commerce deve riportare al proprio interno alcune importanti informazioni:

  • il nome dell’impresa o del venditore
  • il numero di partita IVA
  • il numero di iscrizione al registro delle imprese
  • il domicilio oppure la sede legale dell’impresa
  • i dati di contatto del venditore (come email o numero telefonico)
  • i metodi di pagamento possibili
  • le condizioni varie di acquisto
  • l’informativa vigente sulla privacy dell’utente
  • l’indicazione dell’autorità competente in caso di attività soggetta a concessioni, licenze o autorizzazioni

Quest’ultimo punto è particolarmente importante rispetto ad alcuni settori che vanno per la maggiore sul web. Si è visto, ad esempio, come l’intrattenimento sia in cima agli interessi degli utenti virtuali che acquistano servizi. Ad esempio, soltanto nel 2018 sono stati spesi ben 18,9 miliardi di euro dagli italiani, tra lotto, casinò online e scommesse sportive, tutti settori soggetti a licenza, tanto che non è difficile, ad esempio, trovare in rete una classifica dei migliori siti di scommesse con licenza. La licenza, in questo caso, è quella ADM, che verifica la sicurezza delle transazioni finanziarie e il sistema di crittografia utilizzato, oltre a ispezionare la piattaforma e le condizioni contrattuali verso l’utente. Anche le tv in streaming contribuiscono ad arricchire l’entertainment online (il Politecnico di Milano, in una ricerca, parla di 7,6 milioni di utenti): anche in questo caso esistono i nodi delle licenze e l’acquisto di diritti esclusivi per la trasmissione, in collaborazione con i fornitori di contenuti, sempre quando non si tratta di una produzione propria.

Il diritto d’autore e il copyright online

Un altro aspetto legato alle autorizzazioni è quello del copyright visto soprattutto che, specialmente dopo l’arrivo e il successo dei vari social network, molti utenti prelevano e diffondono materiali informatici (in particolare testi e immagini) senza detenere i relativi diritti di autore. La disciplina del diritto d’autore online è stata fatta oggetto di dibattiti a vari livelli istituzionali e ha raggiunto anche il Parlamento Europeo, che si è recentemente espresso in tutela delle piccole imprese e della libertà di espressione, sia nel settore artistico che in quello legato all’attività giornalistica. Il Parlamento Europeo, nell’ottica di remunerare il lavoro di artisti e giornalisti, vuole difendere gli stessi dalla diffusione di contenuti ad opera di aggregatori di notizie o effettuate attraverso social come Facebook e YouTube, e in questo ha seguito la proposta della Commissione europea in materia di violazione dei diritti d’autore. Si tratta di una misura che si dovrebbe estendere a vari settori, visto che, secondo l’articolo 2575 del Codice Civile, “formano oggetto del diritto di autore le opere dell’ingegno di carattere creativo che appartengono alle scienze, alla letteratura, alla musica, alle arti figurative, all’architettura, al teatro e alla cinematografia, qualunque ne sia il modo o la forma di espressione.” In particolare, le opere testuali non possono essere copiate o riprodotte senza autorizzazione, e lo stesso vale per la riproduzione delle opere audiovisive. In generale la disciplina introdotta dalle Creative Commons aiuta gli utenti a capire in che modo tutelare sul web le proprie opere di ingegno, con varie opzioni per coloro che forniscono e pubblicano i vari contenuti. Le licenze Creative Commons, promosse anche tramite eventi artistici dedicati, possono rappresentare un’alternativa alla disciplina del copyright in senso stretto, al fine di garantire una circolazione approvata dei propri lavori, aumentandone in modo esponenziale la visibilità, grazie al potere del web.



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