A caccia di fossili, continuano gli scavi in una cava a Nardò

Un team di ricerca italocanadese sta conducendo degli importanti scavi alla ricerca di rettili fossili che daranno molte informazioni sulle forme di vita che hanno abitato nel Mediterraneo.

Una fonte di informazioni senza precedenti che potrebbe portare a rivelazioni molto importanti sul passato del Mediterraneo. Tornando indietro a 70-75 milioni di anni fa, nel periodo conosciuto come Cretaceo Superiore, quella che oggi tutti noi conosciamo come Puglia era molto diversa. Così diversa che, in realtà, era un sistema di piccole isole delimitate da lagune poco profonde e bordate da barrire a rudiste, simili alle attuali Isole Bahamas.

Sono proprio le rocce che affiorano a Nardò, soprattutto, a risultare interessanti perché contengono informazioni sull’ambiente e sul tipo di organismi che popolavano le cose e le lagune di una delle isole risalenti al Cretaceo. E non si è fatta attendere l’attenzione da parte della ricerca sia per l’abbondanza di fossili che per la qualità di preservazione. Non solo scheletri completi, ma anche tessuti molli mineralizzati, come pelle e muscoli che difficilmente vengono fossilizzati.

Il primo interesse per gli affioramenti cretacei a Nardò risale a qualche anno, durante lo studio sul primo rettile marino ritrovato nell’area. A partire da quella prima pubblicazione del 2018, il team di ricerca italocanadese si è messo all’opera per avviare una collaborazione con il team del Museo di Preistoria di Nardò. Il team di ricerca è guidato dalla dott.ssa Ilaria Paparella, con il supporto del dott. Michael Caldwell dell’Università Alberta (Edmonton, Canada). A capo degli studi geologici è il dott. Angelo Cipriani.

Il sito di studio individuato, appartenente alla famiglia Manca, ha già restituito tantissimi fossili. La prima campagna di scavo si è rivelata di gran successo, con un numero impressionante di nuove scoperte tra cui pesci, frammenti di lucertole e una tartaruga completa di guscio, arti e tessuti molli mineralizzati. Notevole anche il rinvenimento di invertebrati come crostacei ed echinidi, e numerosi coproliti (escrementi fossili), che contribuiscono a determinare quali erano le caratteristiche ambientali dell’area nel Cretaceo Superiore.

Risultati sorprendenti, dunque, ed una quantità di materiale che alimenterà ricerche scientifiche per anni con ottimismo ed entusiasmo.



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