Tiangong-1, alla fine i resti della stazione spaziale sono finiti nel Pacifico. Dovevano cadere sulla Puglia

La stazione spaziale cinese Tiangong-1 è rientrata sulla Terra alle 2.16 (ora italiana). Come previsto, si è disintegrata quasi completamente attraversando l’atmosfera e i frammenti che hanno raggiunto la Terra integri sono caduti nell’Oceano Pacifico.

È riuscita a tenere tutti con il fiato sospeso, proprio per l’impossibilità di calcolare il punto preciso in cui avrebbe “toccato” l’atmosfera, ma alla fine la corsa della stazione spaziale cinese Tiangong-1, in caduta libera sulla terra, è terminata nell’Oceano Pacifico, quando le lancette dell’orologio avevano appena segnato le 2.16, ora italiana.

Il “Palazzo Celeste” ha terminato il suo volo a nord-ovest dell’isola Thaiti nella Polinesia Francese, dopo 2375 giorni e 21 ore dal lancio. Tra l’altro, a pochi passi dal cosiddetto Punto Nemo (dal nome del Capitano di Ventimila leghe sotto i mari di Jules Verne), il cimitero dei satelliti che ospita centinaia di relitti.

Terminano, così, anche le preoccupazioni che hanno unito il mondo intero. Tiangong-1 è riuscita a far parlare molto di sé grazie ai media che hanno soffiato sul timore (alimentandolo) che qualche frammento potesse cadere sulla terra ancora integro creando danni o nel peggiore delle ipotesi colpendo qualcuno. Nei giorni scorsi, infatti, era stato ipotizzato che il sud-Italia e quindi anche la Puglia potesse essere interessato dalla pioggia di detriti. Tant’è che era tutto pronto per l’eventuale impatto.

Solitamente una stazione si disintegra attraversando l’atmosfera, ma non sono rari i casi i cui si crei una pioggia di frammenti come aveva prontamente sottolineato il China Manned Space Engineering Office (Cmseo) sul proprio account social. Come riportava wired.it, infatti, «La stazione spaziale “non si schianterà sulla Terra come nei film di fantascienza, ma si trasformerà in una splendida pioggia di meteoriti che si muovono in un bellissimo cielo stellato».

Perché è caduta

La Tiangong-1 (che significa “Tempio del Cielo” in mandarino) avrebbe dovuto terminare la sua missione nel 2013, ma la Cina all’epoca decise di estenderne la durata di un paio di anni, mentre perfezionava la nuova Tiangong-2, messa poi in orbita nel 2016. E proprio in quell’anno l’Agenzia spaziale cinese annunciò di avere perso i contatti e il controllo con la sua base spaziale, senza avere quindi la possibilità di pianificare e gestire il suo rientro sulla Terra. Spesso, infatti, satelliti e altri veicoli spaziali molto voluminosi e pesanti vengono dotati di propulsori da usare al termine della loro missione, in modo da decidere la zona del loro rientro nell’atmosfera e assicurarsi che si distruggano a dovere, riducendo ulteriormente i rischi di far precipitare rottami al suolo.