La vespa Piaggio, la favola della due ruote che ha scritto la storia

Era il 23 aprile del 1946 quando la Piaggio depositò il brevetto della Vespa 98. Da lì in poi la storia degli italiani sulle due ruote cambiò per sempre.

Era il 23 aprile 1946 quando la Piaggio depositò il brevetto per una “motocicletta a complesso razionale di organi ed elementi con telaio combinato con parafanghi e cofano ricoprenti tutta la parte meccanica“. Era nata la Vespa, un gioiello tutto italiano che diventerà un simbolo del made in Italy, un’icona di stile, un sinonimo di classe ed eleganza, una pagina di storia su due ruote e tanto di più.

Vespa, la rivoluzione su due ruote

«Come farà a reggere due persone con quel vitino da vespa?». Anche non c’è una versione ufficiale, sembra siano state queste parole pronunciate da Enrico Piaggio, presidente dell’azienda di famiglia, a dare il nome a quello strano mezzo che Corradino d’Ascanio, l’uomo che “detestava le motociclette”, aveva disegnato. Il telaio, dalla forma rivoluzionaria, consentiva a chiunque (anche a “donne e preti”, dirà l’ingegnere aeronautico, inventore dell’elicottero moderno) di sedersi facilmente e con qualsiasi abbigliamento. E senza il pericolo di sporcarsi, visto che, altra innovazione, il motore era “lontano e coperto”.

La prima geniale intuizione di Piaggio, a capo dello stabilimento di Pontedera, fu quella di costruire una moto per tutti, economica e facile da guidare, anche per superare il momento difficile dell’azienda dopo la fine della guerra. La Vespa era una sorta di escamotage, un espediente temporaneo per sopravvivere alla crisi provocata dalla fine del secondo conflitto mondiale. Riconversione industriale: era questa la strada, rivoluzionando la mobilità del Paese.

Il primo progetto – l’MP5 soprannominato Piaggio Paperino – fu fallimentare. Poi, grazie all’ingegnere abruzzese nacque la «Vespa 98», numero riferito ai centimetri cubici. Allora non potevano saperlo, ma quel veicolo sarebbe diventato ben presto un mito. Da lì in poi la storia degli italiani sulle due ruote cambiò per sempre.

Quel mezzo a due ruote, seppure caro da acquistare per tanti, era comunque molto più economico di un’auto, non alla portata di tutti: 55mila lire per la versione base, 61mila lire per la lusso con alcuni optional come il contachilometri, il cavalletto laterale e gli pneumatici con spalla bianca erano tanti. Basti pensare che Gilberto Mazzi, nel 1939, cantava «Se potessi avere mille lire al mese». Quello che alla vigilia dell’ingresso dell’Italia in guerra sembrava un discreto stipendio, non sarebbe stato sufficiente, 7 anni dopo, per comprare motocicletta desiderata dagli uomini, come dalle donne, che poteva “sfrecciare” fino a 60 chilometri orari. Però si poteva pagare a rate. E questo aiutò non poco a scrivere il suo successo.

Vespa e cinema

L’inizio non fu dei più semplici, ma ci fu la seconda intuizione: quella di far conoscere la vespa al regista William Wyler che nel 1953 stava girando Vacanze romane. Era quello il mezzo giusto per rappresentare l’Italia degli anni Cinquanta? Gregory Peck alla guida di una Vespa con Audrey Hepburn hanno fatto la storia, contribuendo a renderla una leggenda. La due ruote appare anche nel film La dolce vita di Federico Fellini.

Da allora, molti grandi registi hanno «scritturato» la Vespa: Spielberg, Hitchcock, Pollack, Monicelli, Risi, Bolognini, George Lucas e Nanni Moretti, tanto per citarne alcuni. È stata compagna di lavoro di star del calibro di Raquel Welch, Ursula Andress, Geraldine Chaplin, Joan Collins, Virna Lisi, Milla Jovovich, Marcello Mastroianni, Henry Fonda, Gary Cooper, Anthony Perkins, Jean-Paul Belmondo e molti altri.

Per anni la vespa non ha avuto rivali. E in fondo, nemmeno la Lambretta messa a punto da Innocenti è stata capace di eguagliare i numeri e la diffusione dei modelli della Piaggio.



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