Abusi edilizi a Porto Miggiano, 8 persone finiscono sotto processo

Il Gup Carlo Cazzella ha rinviato a giudizio 8 persone, tra cui l’ex sindaco di Santa Cesarea Terme, Daniele Cretì, per ‘illegittimità del permesso di costruire’, ‘distruzione e deturpamento delle bellezze naturali’ e ‘falso ideologico in atto pubblico’.

Finiscono sotto processo in otto per abusi edilizi a Porto Miggiano, una delle località più suggestive della costa adriatica, situata a pochi chilometri da Santa Cesarea Terme.

Il Gup Carlo Cazzella ha rinviato a giudizio l’ex sindaco di Santa Cesarea Terme,Daniele Cretì, 49enne del posto, un altro funzionario dell’Ufficio Struttura tecnica regionale periferica, Luigi Stanca, 56 anni, di Soleto, i progettisti Antonio De Fazio, 65enne, di Bologna, Mario Rotolo, 61, di Monopoli, Giovanni Bosco, 59 anni, di Palermo e l’architetto Francesca Pisano, 48, di Tricase, nel ruolo di collaudatore dell’opera, il direttore dei lavori Daniele Serio, 52, di Lecce, l’amministratore della Cem (esecutrice dei lavori), il dirigente del settore Lavori pubblici del Comune di Santa Cesarea Salvatore Bleve, 61 anni, di Santa Cesarea Terme.
 
Il collegio difensivo era composto, tra gli altri, dgli avvocati Luigi Rella, Francesco Galluccio Mezio, Stefano De Francesco.
 
Nell'udienza preliminare odierna, dunque, il giudice ha accolto la richiesta del pubblico ministero Elsa Valeria Mignone, titolare dell'inchiesta assieme ad Antonio Negro. I due sostituti procuratori, nei giorni scorsi avevano formalizzato la richiesta di rinvio a giudizio per dieci degli undici indagati, tra cui anche Francesco Leo, incaricato della progettazione dell’opera e Maria Grazia Doriano, 37, di Vico Equense (per difetto di notifica, la loro posizione è stata stralciata e verrà discussa in un'altra udienza innanzi al Gup). Già prima del processo odierno, era stata stralciata la posizione di Lucia Di Lauro, funzionaria dell’Ufficio Struttura tecnica regionale periferica, per la quale era stata chiesta l’archiviazione.

Le accuse, a vario titolo, sono quelle di "illegittimità del permesso di costruire", "distruzione e deturpamento delle bellezze naturali" e falso ideologico in atto pubblico (soltanto per Francesca Pisano). I vari reati, sarebbero stato compiuti in un’area sottoposta a molteplici vincoli, essendo l'area inserita nel Sic Otranto-Santa Maria di Leuca, dell’Important Bird Areas 147 e del Parco regionale Otranto-Bosco di Tricase.

I consulenti della Procura, Dino Borri e Giuseppe Tommasicchio, hanno rilevato nel corso delle indagini preliminari, varie irregolarità. I lavori eseguiti a Porto Miggiano con tre milioni di euro di fondi pubblici, tra cui una diga marittima, per la messa in sicurezza del costone roccioso e per creare una piattaforma destinata ai bagnanti, sarebbero stati, solo sulla carta secondo i magistrati inquirenti, indirizzati a questa finalità, poiché avrebbero avuto un effetto contrario.

La falesia – secondo le conclusioni della Procura – sarebbe stata irreparabilmente deturpata, provocando un pericoloso incremento dell'instabilità idrogeologica. Inoltre, gli imputati, a vario titolo ed in diversa misura, si sarebbero adoperati per realizzare “una rozza spianata” all’apparenza da adibire a parcheggio sul terrazzo, sovrastante la discesa a mare. Tutti questi interventi fortemente impattanti, sarebbero stati effettuati, secondo l'accusa, senza interpellare l’Ufficio Demanio della Capitaneria di Porto di Gallipoli e in assenza del nulla-osta rilasciato dalle Autorità preposte al vincolo.

La prossima udienza è stata fissata per il 24 novembre, quando gli imputati compariranno dinanzi  al collegio della seconda sezione penale, presieduto dal giudice Pasquale Sansonetti.



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