La storia di Alessia Rosati, scomparsa nel nulla come Emanuela Orlandi

Era il 23 luglio 1994 quando Alessia Rosati, studentessa 21enne, è scomparsa nel nulla. Un cold-case forse legato al mistero di Emanuela Orlandi

Sfogliando i cold-case italiani, c’è una storia che non lascia indifferenti. È quella di una famiglia che da anni aspetta di conoscere la verità, di risolvere un mistero cominciato in un caldo pomeriggio d’estate e mai chiuso. Era il 23 luglio 1994. Alessia Rosati, quel giorno, sarebbe dovuta partire con la famiglia per una villeggiatura in Umbria, ma prima di chiudere la valigia con le ultime cose era uscita per accompagnare un’amica agli esami di maturità. Promette al fratello più piccolo di rientrare per l’ora pranzo, ma a casa Alessia non tornerà mai più. Scompare nel nulla, come un fantasma, anche se la compagna giura di averla lasciata alla fontanella di via Val Padana, a pochi passi dall’appartamento al quarto piano, nel quartiere Montesacro.

Forse si è allontanata volontariamente perché fare le vacanze a casa del nonno in un paesello vicino Spoleto non è proprio il massimo. I genitori si aggrappano a questa speranza, ma la cercano ovunque. Preoccupati bussano alla porta delle Forze dell’Ordine, ma Alessia che ha 21 anni, che studia Lettere alla Sapienza e sogna di diventare giornalista, è “grande”. E poi aveva venduto la sua collezione di libri di Agatha Christie.

La lettera all’amica

La famiglia teme che possa esserle successo qualcosa, ma spera che sia fuggita, pur di pensare che stia bene. Per giorni su Alessia Rosati cala il silenzio fino a quando, pochi giorni dopo la scomparsa, un’amica riceve una lettera. In quelle poche righe, scritte dalla ragazza per dire che aveva incontrato una “vecchia conoscenza”, con cui avrebbe fatto un viaggio per l’Europa, qualcosa non convince.

«So che t’ho sempre detto tutto, ma questa volta è successo tutto all’improvviso. Ho incontrato un ragazzo a via Conca d’oro che è stato molto importante per me nel passato, lui stava partendo e se non lo facevo subito non l’avrei più fatto. Non ce la facevo più dovevo scappare da questo anno di merda, e poi lunedì sarei anche dovuta partire per andare in quel paese di merda e tu sai quanto lo odio. Partiamo per l’Europa e non so quando tornerò. Ho bisogno un po’ di evadere. Ora mi sento quasi rinata perché avevo voglia di viaggiare. Io non mi sento di dirlo ai miei…ti prego. Mi dispiace che non ci vediamo ma tanto sarebbe rimasta solo domenica, ora che ci penso è meglio».

Alessia scrive «lunedì sarei dovuta partire», ma il viaggio per l’Umbria era stato programmato sabato, quando papà Antonio, vigile urbano, avrebbe finito il turno. E la ragazza lo sapeva, come conosceva bene il numero civico della sua migliore amica, nella missiva sbagliato.

I genitori della studentessa romana hanno interpretato quell’errore come una richiesta di aiuto nascosta tra le righe di una lettera scritta, pensano, contro la sua volontà. La calligrafia è la sua, ma se qualcuno l’avesse costretta? Una domanda a cui non è mai stata data una risposta.

Il legame con Emanuela Orlandi

Il caso viene archiviato e chiuso in un cassetto fino a quando Marco Fassoni Accetti, il telefonista (mai creduto) del caso Orlandi-Gregori, l’uomo che ha fatto ritrovare il flauto di Emanuela, ha fatto il suo nome. Il fotografo romano che si è auto-accusato dei rapimenti ha tirato in ballo la studentessa di Lettere. Racconta di averla ospitata a casa sua e di sapere che fu rapita dai servizi segreti all’indomani dello scandalo dei fondi neri per farne oggetto di ricatto.

Un’altra ragazza scomparsa, in questo incubo senza fine, legata al caso di Emanuela, di Mirella Gregori) e di Katy Skerl, la diciassettenne strangolata a Grottaferrata nel 1984. Il giallo di Montesacro, mai risolto, è la storia di un’altra famiglia tormentata dall’attesa.