“Ucciderò Daniele…penso che sia una buona base di partenza”. Ecco perché De Marco non si sarebbe fermato

Secondo gli esperti della difesa, Antonio De Marco ha abbracciato la convinzione che solo uccidendo qualcuno, “Dio” e “l’universo” lo avrebbero ricompensato, donandogli una donna con cui avere una relazione

La prima volta che Antonio De Marco sembra aver pensato di indossare i panni di un killer risale al 29 gennaio, quando in un momento di solitudine dopo un rifiuto, ha scritto «Ho deciso che se entro la fine di quest’anno non avrò una ragazza ucciderò una persona». Un pensiero isolato, fino a quando nel suo diario spunta una terribile lista. «Lenzuolo, mascherina, guanti, camice, corde, fascette da elettricista, copri scarpe, nastro (anche quello biadesivo), foto di Gesù e della Madonna. Scegliere le cose da cancellare dal Pc e dalla cronologia arma». Più o meno il contenuto dei biglietti su cui aveva pianificato l’omicidio di Eleonora e Daniele.

Il 7 agosto un’altra annotazione drammatica: «mercoledì ho avuto una crisi, mentre stringevo il cuscino ho pensato che a differenza mia gli altri abbracciano vere ragazze e così sono scoppiato a piangere. Ho comprato qualche attrezzo, voglio farlo. Voglio uccidere qualcuno. Ho accettato la stanza della casa di F. (quella di via Flaming, ndr)  perché di questa (dell’appartamento di via Montello, ndr) ho già le chiavi e quando andrò via potrò uccidere Daniele. Mi piacerebbe una donna per prima, ma penso che così sia una buona base di partenza. Ogni giorno che passa sento che divento sempre meno umano, ma che ci posso fare? Non è colpa mia se nessuno mi ama!»

Il punto di non ritorno arriva il 21 agosto. Un mese prima del delitto. «Mercoledì sono stato malissimo, veramente male, mai stato così male finora. Ho pregato la Madonna in ginocchio affinché facesse finire tutto quel dolore, ma non è successo, non so cosa fare mi sento morire. Ma perché non sono amato da nessuna. Ma faccio veramente Schifo? Io voglio stare bene. Ho deciso che ucciderò Daniele. Se Dio, se il destino, se il caso non vuole che Daniele e altre persone muoiano allora deve farmi incontrare una ragazza che voglia stare con me, altrimenti non mi fermerò mai e ucciderò sempre più persone. Ho deciso di intraprendere una vendetta, una vendetta contro Dio, il mondo e la mia vita, la vita che odio così tanto».

Non rimarranno solo pensieri. Il 21enne di Casarano si è presentato quella maledetta sera in casa di Daniele e Eleonora e li ha uccisi con più di 70 coltellate senza dargli la possibilità di reagire. Li ha lasciati in una pozza di sangue. Li ha finiti mentre provavano a scappare.

Anche dai colloqui in carcere, gli esperti Elio Serra, Felice Francesco Carabellese, e Michele Bruno, consulenti della difesa, sono giunti alla conclusione che Antonio De Marco – “da sempre persona solitaria e chiusa, con notevoli difficoltà nell’interazione con gli altri e nelle competenze relazionali” – ha maturato lentamente fino ad “abbracciare” la convinzione che solo uccidendo ignari vittime “Dio, l’Universo, il mondo intero” gli avrebbero donato una donna con la quale avere una relazione.

Parla di ricompensa con i consulenti: “come se dopo aver fatto quello che ho fatto sarebbe cambiato tutto. Pensavo che sul momento sarei stato soddisfatto, già subito dopo averlo fatto come se le cose sarebbero cambiate, che sarebbe arrivata una ragazza, ci sarebbe stata una ricompensa che avrei avuto una ragazza …”

De Marco sembra essere chiuso nel suo mondo interiore anche se, apparentemente, ha continuato ad interagire con quello esterno tra università, turni in Ospedale ed esercitazioni. E l’assenza di contatto tra i due mondi sarebbe stata la ragione per cui il 21enne è diventato uno spietato assassino.

Secondo gli psichiatri, Eleonora e Daniele avrebbero dovuto essere solo le prime di una serie di vittime casuali, scelte solo per la facilità di accesso ad esse. «Quasi una sorta – è difficile e doloroso dirlo – di “esperimento”» si legge. Nel piano che aveva immaginato e scritto sui fogli ritrovati in casa dell’arbitro e della fidanzata lo studente non aveva previsto, secondo gli esperti, che sarebbe stato scoperto non solo dagli inquirenti che sono riusciti a chiudere il cerchio grazie ai passi falsi che ha commesso, ma anche dalla coppia. Il cappuccio, ricavato da una calza di nylon su cui aveva disegnato una bocca, gli è stato sfilato e lui si è ritrovato faccia a faccia con le sue vittime che hanno reagito.

“Lo sconcerto di essere stato anche in questo inefficace e maldestro, come per tutto il resto della sua vita fino ad allora, probabilmente deve essere stata per l’esaminando una caduta, per così dire, per crisi, talmente insopportabile nell’autostima psicotica che lo aveva sostenuto sino ad allora e nelle aspettative altrettanto psicotiche che nutriva da quell’atto nefasto, da far precipitare gli eventi in una sorta di cupio dissolvi generalizzata”.

C’è un altro passaggio nella relazione che appare importante. “De Marco sarebbe consapevole della gravità dell’accaduto e ne accetta, per così dire, le conseguenze con rassegnazione. Ma non sembra nutrirne appieno alcun senso di colpa, ché se ciò fosse, ciò lascerebbe presupporre che abbia acquistato coscienza critica del mondo che lo circonda e di quella trasformazione avvenuta in lui. Confermando in ciò quanto da tempo noto e cioè che non vi è pentimento per le condotte assunte ed i comportamenti agiti negli stati psicotici. In altri termini, non vi è coscienza critica di tutto ciò”.

«Antonio De Marco – concludono gli esperti – è un giovane affetto da un grave quadro psicopatologico, composito e complesso, probabilmente non ancora del tutto strutturatosi in un disturbo più netto e delimitabile che rimanda tuttavia, senza alcun dubbio, alla dimensione psicotica prima di tutto ed autistica pure della psicopatologia».



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