Uno dei casi che in questi giorni hanno conquistato le prime pagine dei giornali, locali e non, è quella di un anziano operato d’urgenza per una lampadina incastrata in un posto “insolito”. È un fatto di cronaca? Certo, nella sua stranezza. Ma è notizia? Qui la questione cambia parecchio, si fa più complessa e diventa anche un pretesto per chiedersi che cosa debba essere considerato “interessante” tanto da essere pubblicato.
Perché se un episodio tanto bizzarro può strappare un sorriso in un contesto privato, il racconto sarcastico sui giornali non ha nulla a che fare con l’informazione. La storia, a conti fatti, poteva restare confinata nel silenzio del Pronto Soccorso, scritta nero su bianco sulla cartella clinica…e invece no. La vicenda, rilanciata a colpi di titoli ammiccanti e spiritosi, è diventata il “caso dell’estate”.
Ora, che un uomo – a prescindere dall’età – possa compiere gesti “bizzarri” nella sfera più intima della sua vita, non dovrebbe diventare materia di derisione collettiva. Non stiamo parlando di una barzelletta da bar, ma di una persona anziana che si è trovata, involontariamente, messa in piazza, esposta al dileggio nazionale insieme alla radiografia, che mai avrebbe dovuto varcare i confini dell’ospedale, sventolata come un trofeo. Una gogna pubblica che non risparmia nemmeno i dettagli più intimi, trasformati in meme e risate da tastiera.
E allora la domanda è inevitabile: chi ha deciso che il corpo e la dignità di un anziano possano diventare terreno di scherno pubblico? Qualche anno fa un altro episodio simile fece discutere: un 70enne finì in ospedale con una carota incastrata nelle parti intime. In quel caso, però, l’uomo aveva raccontato di essere stato aggredito da due stranieri mentre si trovava nel giardino della sua abitazione. I militari, che avevano tentato di fare luce sull’accaduto, non erano riusciti a trovare nessuna prova che confermasse quelle parole. Nessuna telecamera di videosorveglianza, installata vicino all’abitazione del pensionato, aveva immortalato due “uomini neri”. Nessun ‘testimone’ aveva dato indicazioni utili per dare un volto agli aggressori. E anche la confessione del malcapitato aveva cominciato a scricchiolare in più punti.
Il sospetto che la verità fosse un’altra era diventato sempre più forte fino a quando non ha cominciato a farsi strada l’ipotesi che l’uomo era rimasto vittima di un gioco erotico finito male. Tanto deve essere stato l’imbarazzo e la vergogna che deve aver pensato che l’unica via uscita fosse quella di mascherare tutto parlando di “violenza”.
Il fatto su cui riflettere è questo: la vicenda racconta molto più sullo stato dell’informazione che non sulla disavventura di un paziente più in là con gli anni di cui non sappiamo nulla. Qui non siamo più davanti a un episodio curioso, ma a un problema serissimo di cui, oggi più che mai, bisogna tener conto: il punto non è la lampadina, ma che nessuno, o quasi nessuno, si sia fermato a riflettere sul danno irreparabile che questa gogna mediatica può causare.
C’è poi l’aspetto della fuga di dati sensibili da una struttura sanitaria. La radiografia non poteva e non doveva uscire da quelle mura. E qui la questione smette di “strappare un sorriso” e diventa gravissima tanto che l’assessore Andrea Guido e il consigliere Lara Cataldo hanno convocato una Commissione Consilare per ottenere i dovuti chiarimenti dalla Direzione Generale dell’ASL Lecce sulla presunta violazione della privacy e del segreto professionale.
La lampadina, in fondo, è stata solo l’innesco: la vera esplosione è quella di un giornalismo che confonde la notizia con il pettegolezzo e che, pur di collezionare clic, dimentica la sua funzione più nobile: informare senza umiliare. La dignità non è un dettaglio accessorio, né un optional che si può sacrificare sull’altare della leggerezza.
Alla fine, l’unica lampadina che si è accesa è quella del cattivo gusto di chi fa dell’ironia spicciola. La verità è che dietro quella radiografia non c’era un caso curioso, ma una persona. E dimenticarlo, nel rincorrere il titolo facile, significa spegnere la luce più preziosa che abbiamo: quella del rispetto.
