“Voleva anche torturarli”, l’assassino di Eleonora e Daniele ha pianificato l’omicidio

Trovato l’autore del duplice omicidio di Lecce. A togliere la vita a Daniele De Santis e Eleonora Manta sarebbe stato uno studente 21enne di Casarano

Avrebbe un nome il killer di Daniele De Santis e Eleonora Manta, i fidanzati uccisi a coltellate nell’appartamento dove erano andati a vivere da poco. Gli indizi poterebbero tutti a lui, a Antonio De Marco, studente 21enne di scienze infermieristiche con un tirocinio all’Ospedale  di Lecce. Per questo, probabilmente, aveva preso in affitto una camera nell’appartamento dell’arbitro, fino a non poco tempo fa, ad agosto.

Gli indizi – come spiegato dal Procuratore capo della Repubblica di Lecce, Leonardo Leone De Castris nella conferenza stampa convocata dopo il fermo – porterebbero tutti a lui, ma va ricordata la presunzione di innocenza. Non è Andrea, il nome che alcuni testimoni avrebbero sentito ripetere nel condominio al civico numero 2 di via Montello, urlato dalla 30enne prima di morire, uccisa dalle coltellate inflitte con una violenza tale da non lasciargli scampo e con una lama liscia da un lato e seghettata dall’altro per far ancor più male. Ma rientra nel giro di conoscenze della coppia, dove si erano concentrale le indagini.

Sarebbe lui, secondo gli investigatori, l’assassino dell’arbitro e della sua fidanzata, l’uomo con la felpa nera, il cappuccio calato per coprire il volto e lo zainetto giallo che era scappato con l’arma del delitto ancora stretta in mano facendo attenzione ad evitare le telecamere, come dimostrerebbe il biglietto insanguinato perso durante la fuga su cui aveva disegnato le strade da percorrere per farla franca e le modalità di programmazione dell’omicidio. Uno dei tasselli del mosaico dell’orrore, forse uno dei più importanti. La grafia sul pezzo di carta è stata confrontata con altri documenti.

Sono stati bravi gli investigatori ad incastrare tutti i pezzi. Dal racconto di alcuni testimoni, alle immagini delle telecamere di videosorveglianza installate nella zona, il quartiere Rudiae, ai sopralluoghi nell’appartamento alla ricerca di qualche indizio mancante, di qualche traccia che potesse raccontare quanto accaduto quella maledetta sera del 21 settembre. Tanti pezzi fino all’identikit, la chiave di volta. Un volto riscostruito grazie ai fotogrammi degli occhi elettronici che non aveva evitato.

Restano ancora tanti dubbi, tante domande a cui rispondere. Il movente, ad esempio. Che cosa abbia animato l’uomo da spingerlo a commettere, due omicidi? Quale rabbia o rancore. E c’è la dinamica da ricostruire. La lite che ha richiamato l’attenzione di alcuni vicini di casa, il rumore dei tentativi di difesa nella speranza di sfuggire a quella furia cieca, hanno lasciato il posto al silenzio. Poi le urla di chi ha scoperto i corpi e ha chiesto aiuto. E delle famiglie dei due giovani, distrutte dal dolore.

Certa, invece, la premeditazione. “Fortissima premeditazione”, per usare le parole del Procuratore. Oltre al delitto, che parla di un piano studiato minuziosamente, con i tempi da rispettare, i minuti da dedicare a ogni azione, nel sopralluogo sarebbero state trovate delle fascette di plastica. Probabilmente, secondo gli inquirenti, non aveva solo intenzione di uccidere i due ragazzi, ma anche di torturarli, di infierire. E di ‘mostrare’ la crudeltà che aveva usato.

La Città di Lecce esce da un incubo, come ha detto il procuratore. «Ora speriamo in una sua confessione» ha consluso.