Attentato a Kabul, sei parà italiani uccisi in un attacco rivendicato dai talebani

Un attentato kamikaze avvenuto a Kabul il 17 settembre del 2009 uccise sei militari italiani. Uno dei parà, Davide Ricchiuto, era salentino.

17 settembre 2009. Mezzogiorno era passato da poco quando a Kabul si è scatenato l’inferno. Nell’attentato a pochi passi dall’aeroporto hanno perso la vita sei paracadutisti della Folgore. Altri quattro militari sono rimasti feriti. Matteo Mureddu, Giandomenico Pistonami, Massimiliano Randino, Roberto Valente, Antonio Fortunato e il salentino Davide Ricchiuto, 26enne originario di Tiggiano, restano uccisi nell’esplosione di un’auto carica di tritolo lanciata a tutta velocità contro il convoglio militare italiano che stava rientrando al quartier generale in compagnia di due commilitoni appena sbarcati dall’aereo dopo una licenza in Italia costretta a piangere ancora.

Un attacco studiato

L’orologio segnava le 12.10 locali, quando una Toyota Bianca imbottita con 150Kg di esplosivo e condotta da un kamikaze è riuscita ad intrufolarsi tra i mezzi in fila alla rotonda Massud, dove il traffico è rallentato per il check point. Nessun soldato a bordo del blindato «Lince», scagliato a 50 metri di distanza dal cratere creato dall’esplosione, ha avuto scampo. Il caporalmaggiore muore sul colpo come i suoi colleghi e decine di civili afgani che affollavano il mercato. Stavano facendo la spesa per la fine del Ramadan.

“Sembrava la fine del mondo” sono le prime parole dei sopravvissuti. Chi non ha assistito all’inferno, al fuoco, alle urla e alle richieste di aiuto, alla morte dopo Nassiriya, ha sentito il boato a molti chilometri di distanza.

La rivendicazione dei Talebani

Un portavoce dei talebani, Zabiullah Mujahid, ha rivendicato l’attentato con un sms in cui, con tono trionfalistico, ha raccontato che un uomo di nome Hayutullah, “ un eroe” si è fatto esplodere contro il convoglio militare dell’Isaf, nel centro della capitale. Un attentato fatto – come riferito da fonti dei ribelli ad Al Jazira – «con lo scopo di dimostrare che nessuno può considerarsi al sicuro in Afghanistan».

Non è mai stato chiaro se il vero obiettivo fossero i militari italiani in missione di pace o le ambasciate straniere presenti nella capitale. A dimostrarlo sarebbe l’ingente quantitativo di esplosivo utilizzato, in quantità molto superiori rispetto a quanto viene normalmente impiegato per gli attacchi alle colonne di mezzi militari.

Davide Ricchiuto stava contando i giorni che mancavano al rientro. Sarebbe dovuto tornare ad agosto, ma c’erano pochi autisti e aveva dovuto rimandare la licenza, ma ad ottobre sarebbe tornato a casa, a Tiggiano, dalla sua famiglia, dalla sorella Anna Lucia e dal fratello Ippazio, dagli amici che aveva salutato.



In questo articolo: