Cancellata la condanna per l’avvocato Francesco D’Agata, accusato di un raggiro per intascare una parte del risarcimento di un incidente stradale, ai danni di una signora senegalese e condannato in primo e secondo grado.
La Corte di Cassazione ha annullato senza rinvio la sentenza della Corte di Appello, che aveva inflitto al noto avvocato leccese, referente all’epoca dei fatti dello “Sportello dei Diritti” ed ex coordinatore provinciale per “Italia dei Valori”, alla pena di 3 anni e 9 mesi di reclusione. I giudici avevano riqualificato il reato di tentata truffa in truffa consumata. E disposto l’interdizione dai pubblici uffici per cinque anni.
In primo grado, il giudice Maddalena Torelli gli aveva inflitto la pena di 3 anni ed 1 mese di reclusione.
Francesco D’Agata è difeso dagli avvocati Luigi e Roberto Rella e Andrea Starace. Invece, era stato già assolto anche in Appello, un altro legale, difeso dall’avvocato Giancarlo Dei Lazzaretti, accusato di indebito utilizzo di carta prepagata e ricettazione.
L’inchiesta, condotta dal Nucleo di polizia giudiziaria della Guardia di finanza, nacque da un IBAN “sospetto” su cui una donna originaria di Torino, aveva versato 4mila euro e culminò nell’arresto di D’Agata nel 2016. In seguito, il legale tornò in libertà.
Le accuse
Secondo l’accusa, Francesco D’Agata sarebbe stato il deus ex machina della presunta truffa. Una donna senegalese aveva subito un incidente stradale in cui era rimasta sfigurata e si era rivolta all’avvocato per ottenere un risarcimento: più di 600mila euro dal Fondo vittime della Strada. D’Agata, secondo l’accusa, avrebbe falsificato una sentenza del Tribunale di Trieste, competente a liquidare il risarcimento e convinto la senegalese di aver ottenuto “appena” 300mila euro, di cui l’avvocato ne avrebbe trattenuti circa 140mila, liquidando alla donna di fatto 160mila euro. Gli altri soldi li avrebbe utilizzati per l’abbonamento in uno stabilimento balneare e per pagare gli stipendi dei suoi collaboratori.
Come detto, la Cassazione ha cancellato ogni accusa, dopo le condanne in primo e secondo grado.
