
Conferma della condanna a 10 anni di reclusione per l’ex assessore alla cultura del comune di Neviano, accusato di favori al clan Coluccia in cambio di voti. La Corte di Appello al termine del processo ha inflitto ad Antonio Megha, 63 anni, la pena di 10 anni di reclusione. In primo grado con rito ordinario, il collegio della seconda sezione (presidente Bianca Todaro) gli aveva inflitto la stessa pena. Sono state confermate la misura di sicurezza della libertà vigilata per 3 anni, una volta espiata la pena e l’interdizione perpetua dai pubblici uffici. Ed il risarcimento del danno in separata sede per il Comune di Neviano, parte civile, con l’avvocato Nicoletta Maria Mauro.
L’avvocato Antonio Megha, che ha sempre respinto le accuse, era presente in aula da uomo libero, dopo aver trascorso alcuni mesi ai domiciliari, a seguito del blitz “Insidia” del febbraio 2022 che portò aa 15 arresti.
Antonio Megha è difeso dall’avvocato Giuseppe Corleto che potrà presentare ricorso in Cassazione.
Megha rispondeva dell’accusa di voto di scambio politico-mafioso con l’aggravante di aver agevolato il clan Coluccia.
Sul banco degli imputati, oltre a Megha compariva anche Cosimo Tarantini, 57 anni, di Neviano, accusato di associazione a delinquere di stampo mafioso, difeso dagli avvocati Luigi Greco ed Antonio Savoia, che è stato assolto dopo il processo d Appello. L’imputato era stato condannato a 12 anni di reclusione in primo grado e per lui era stata disposta la stessa misura di sicurezza di Megha. L’indagine “Insidia” condotta dai Carabinieri del Nucleo Investigativo di Lecce, si è sviluppata dalla primavera del 2019 sino all’inizio del 2021.
Secondo quanto ricostruito dagli inquirenti, in cambio della promessa di Michele Coluccia, tramite Nicola Giangreco, di procacciare in suo favore almeno cinquanta voti, Megha si prodigava nell’elargizione di tremila euro in tre distinte tranches. Inoltre, si impegnava a rappresentare gli interessi del clan nel territorio calabrese e prometteva l’assunzione del figlio del presunto capoclan Michele, all’interno di un’azienda attiva nella raccolta dei rifiuti urbani.
Invece, gli altri 16 imputati sono stati già giudicati con il rito abbreviato. Rispondevano, a vario titolo, di associazione di tipo mafioso, usura, estorsione, spaccio di sostanze stupefacenti.