Violentò una 15enne in una struttura turistica gallipolina. 56enne con trascorsi mafiosi condannato a 8 anni

Non solo, poiché il gup ha disposto il risarcimento del danno di 25mila euro in favore del padre, legale rappresentante della minore, che si era costituito parte civile

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Violentò una 15enne in una struttura turistica di Gallipoli, adulandola e nello stesso tempo costringendola ad ubbidire ai suoi ordini, sfruttando i trascorsi mafiosi.

Roberto Rapisarda 56 anni, di Belpasso (in provincia di Catania), con condanne passate in giudicato per mafia, è stato condannato alla pena di 8 anni di reclusione dal gup Alcide Maritati, al termine del processo con rito abbreviato (consente lo sconto di pena di un terzo). Il giudice ha disposto il risarcimento del danno quantificato in 25mila euro in favore del padre, legale rappresentante della minore, che si era costituito parte civile, attraverso l’avvocato Luigi Covella. E poi, il giudice ha disposto l’interdizione perpetua dai pubblici uffici ed in particolare dalle strutture frequentate da minori e l’interdizione legale per la durata della pena, oltre alla misura di sicurezza per due anni, una volta espiata la pena.

In precedenza, il pubblico ministero Luigi Mastroniani ha invocato la condanna a 18 anni. Rapisarda rispondeva di violenza sessuale aggravata e stalking.

L’imputato è difeso dall’avvocato Francesca Conte che potrà presentare ricorso in Appello.

Nel corso del processo su sollecitazione della difesa, era stata anche disposta una consulenza, affidata allo psichiatra Domenico Suma. Secondo lo specialista, Rapisarda era capace d’intendere e di volere al momento dei fatti.

Le indagini hanno preso il via dalle dichiarazioni della ragazza, corroborate dai numerosi messaggi rinvenuti nel telefono della vittima ed in quello di Rapisarda. La 15enne ha riferito anzitutto le adulazioni nei suoi confronti del 56enne che svolgeva le mansioni di factotum nella stessa struttura ricettiva di Gallipoli dove soggiornava la ragazza, residente nel Nord Italia, ma in vacanza nel Salento, nel periodo estivo.

Diceva di essere un uomo d’onore, perché era un mafioso. Ma non solo, poiché le prometteva di portarla in discoteca e le offriva piccoli regali.

L’episodio più grave si verificò la notte del 3 agosto. Rapisarda la invitò a raggiungerlo nel magazzino accanto alla sua stanza. Poi si spostarono in camera e l’uomo le fece bere cinque bicchieri di Tequila e abusò di lei, costringendola ad un rapporto sessuale completo e provocandole la rottura del setto nasale.

Nei giorni successivi, Rapisarda tempestava la ragazza di messaggi per convincerla a rimanere in silenzio su quanto accaduto in albergo. E la minacciava di morte, con frasi del tipo: “Non mi costringere a farti del male, ti devo togliere dalla circolazione, ti vengo a prendere.”

E richiamando i suoi trascorsi mafiosi, le diceva: «Sono un uomo donore, sono in pochissimi ad esserlo nella cosa nostra con le regole di omertà e vivo di prepotenza. Vivo e faccio paura, la guerra per me è come prendermi un caffè. ..Dovrei ucciderti, per molto meno ho sparato alla gente”. E ancora: “Hai paura, bene, mi dai più carica”.

Rapisarda venne fermato dai poliziotti del Commissariato di Gallipoli in esecuzione al decreto di fermo del pubblico ministero della Procura di Lecce, Luigi Mastroniani.

Successivamente, il provvedimento venne convalidato dal gip Cinzia Vergine.

Inoltre, nel corso delle indagini, si è tenuto l’incidente probatorio della vittima presso il Tribunale dei Minori di una città del Nord Italia, dove la famiglia della vittima risiede da anni. La ragazza ha confermato le accuse verso Rapisarda che sono poi state ritenute attendibili dal consulente tecnico.



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