Pastore albanese colpito a morte da un proiettile. Imprenditore condannato a 21 anni e 4 mesi

La Corte d’Assise d’Appello ha ridotto la pena a Giuseppe Roi che era stato condannato a 30 anni in primo grado, confermando il reato di omicidio volontario con dolo eventuale.

Arriva una riduzione della pena per l’imprenditore agricolo, accusato della morte di un giovane pastore albanese.

La Corte d’Assise d’Appello (presidente Vincenzo Scardia), al termine del processo di secondo grado, che si è svolto nelle scorse ore presso l’aula bunker di Borgo San Nicola, ha comunque confermato l’impianto accusatorio e condannato Giuseppe Roi, 42enne di Porto Cesareo a 21 anni e 4 mesi di reclusione (30 anni in primo grado), per il reato di omicidio volontario con dolo eventuale, dichiarando, invece, l’estinzione per prescrizione del reato di detenzione illegale di arma.

I giudici hanno anche confermato il risarcimento del danno in separata sede e la provvisionale di 50mila euro, per ciascuno dei familiari della vittima, il 24enne Qamil Hyraj, che si erano costituiti parte civile con gli avvocati Ladislao Massari e Uljana Gazidede.

L’imputato è difeso dagli avvocati Francesca Conte e Roberto Eustachio Sisto che potranno presentare ricorso in Cassazione, appena verranno depositate le motivazioni della sentenza (entro 90 giorni)

Il processo di primo grado

Al termine del processo di primo grado, la Corte d’Assise (presidente Pietro Baffa, a latere Maria Francesca Mariano e giudici popolari), ha ritenuto l’imputato colpevole del reato di omicidio volontario con dolo eventuale e lo ha condannato alla pena di 30 anni di reclusione ed al risarcimento per le parti civili.

Al termine della requisitoria, il pubblico ministero Carmen Ruggiero aveva invocato la condanna a 25 anni di reclusione.

Il pm ha affermato che: “è emersa la prova della responsabilità al reato contestato e che si è trattato di un gioco macabro per produrre un divertimento”. Un gioco poi sfociato nel sangue, con la morte del pastore.

Invece, l’avvocato Francesca Conte aveva chiesto l’assoluzione del proprio assistito, sottolineando la debolezza dell’impianto accusatorio basato su congetture e sospetti, privi di fondamento.

Occorre ricordare che nell’immediatezza dei fatti, il pm contestò a Giuseppe Roi il reato di omicidio volontario. Il collegio difensivo si oppose fin da subito, facendo riferimento agli esiti degli accertamenti balistici degli specialisti e chiese la riqualificazione del reato in omicidio colposo. L’istanza venne accolta dai giudici del Riesame e poi dal pm Giuseppe Capoccia (inizialmente titolare dell’inchiesta) ed infine dal gup al termine dell’udienza preliminare. In seguito, però, nel corso del dibattimento, il pm Ruggiero ritenne di ribadire l’accusa di omicidio volontario.

E in seguito si celebrò una nuova udienza preliminare, davanti al gup Edoardo D’Ambrosio che rinviò a giudizio Giuseppe Roi per il reato di omicidio volontario.

La vicenda

Ricordiamo che, il 6 aprile del 2015, intorno alle 12:55, nelle campagne fra Torre Lapillo e Torre Castiglione, fu ritrovato il cadavere di un giovane pastore albanese, Qamil Hyraj. Il 24enne era stato ‘freddato’ da un colpo di arma da fuoco sparato ad altezza d’uomo. Sette mesi dopo, il suo datore di lavoro e amico, Giuseppe Roi, proprietario di un’azienda ovicola venne arrestato poiché accusato di avere sparato due colpi di pistola ad altezza d’uomo, uno dei quali si rivelò fatale. Il primo colpo come rivelato dai rilievi balistici effettuati, avrebbe trapassato la vittima da parte a parte richiamando “l’attenzione” di Hyraj che, in quel momento, stava guardando il gregge. Il ragazzo si sarebbe voltato ed è lì che sarebbe stato raggiunto da un secondo colpo.