Crac finanziario di un istituto di vigilanza privata. Ex commercialista condannato a 4 anni di reclusione

La sentenza è stata emessa dai giudici della seconda sezione collegiale (presidente Pietro Baffa). Il 71enne di Lecce rispondeva dei reati di bancarotta fraudolenta e documentale.

Arriva la condanna per un ex commercialista, nell’ambito dell’inchiesta sul fallimento della IVIP, istituto di vigilanza privata srl (ex La Velialpol di Veglie).

I giudici della seconda sezione collegiale (presidente Pietro Baffa) hanno inflitto la pena di 4 anni di reclusione a Pasquale Pino, 71enne di Lecce, per i reati di bancarotta fraudolenta e documentale. Il collegio ha disposto nei suoi confronti, inoltre, l’interdizione dai pubblici uffici per 5 anni.

Pino è difeso dall’avvocato Luigi Corvaglia che, una volta depositate le motivazioni della sentenza, presenterà ricorso in Appello.

Gli altri due imputati, Piero Palma, 61 anni e Giovanni Palma, 65enne di Veglie, rispettivamente amministratore di diritto e amministratore di fatto (dal 24 maggio del 2007, al 15 gennaio del 2013) della IVIP, istituto di vigilanza privata srl, dichiarata fallita il 19 febbraio del 2016, hanno in precedenza già patteggiato la pena. Sono assistiti dagli avvocati: Giuseppe Bonsegna, Antonio De Mauro e Claudio Di Candia.

I tre, occorre ricordare, vennero arrestati nell’aprile del 2018, sempre nell’ambito dell’inchiesta sul fallimento della ex “La Velialpol”, sulla scorta delle indagini del nucleo di Polizia Economico Fnanziario.

Secondo l’accusa, rappresentata dal sostituto procuratore Giovanna Cannarile, Pasquale Pino (in concorso con gli altri due imputati) in qualità di consulente e tenutario delle scritture contabili, avrebbe omesso di indicare nel bilancio del 31 dicembre del 2007, tra le voci del passivo, il debito afferente l’accollo del trattamento di fine rapporto, maturato dai dipendenti in ragione della precedente attività lavorativa con un’altra società. Per un ammontare divenuto alla data del fallimento di ben 4.150.553,45 euro.

Non solo, poiché secondo l’accusa, i tre distraevano somme di denaro per 4.542.056,35. Si sarebbe trattato dell’importo delle imposte non versate né accumulate e delle ritenute operate, non versate e non accumulate nel 2009.

Infine, secondo la Procura, sottraevano i libri e le scritture contabili e non permettevano di ricostruire il patrimonio della società. E poi, non presentavano il debito di esercizio del 2012. Ed ancora, tenevano incompleto il libro delle adunanze e delle deliberazioni assembleari e quello degli inventari. E, infine, non tenevano e comunque non producevano il libro del collegio sindacale.

Occorre ricordare che la società Ggs srl, che ha acquisito successivamente anche il marchio “La Velialpol”, è assolutamente estranea ai fatti.