Siamo a poco più della metà di questo 2023 e sono già 75, solo in Italia, gli episodi di femminicidio che hanno coinvolto donne uccise per mano di uno o più uomini.
Come al solito, i dati ci lasciano immobili e gelati, ma tutto ciò rappresenta, purtroppo, la realtà e non un macabro film dell’orrore, una realtà che ha ormai superato anche la più cruda fantasia e nulla sembra più fermare una cultura oramai sessista, patriarcale e spesso patogena.
Anche il modo in cui si parla delle vittime contribuisce ad una determinata rappresentazione della violenza di genere, descrivendo le condizioni della stessa come l’ubriachezza, ad esempio, non come un aggravante, bensì come un alibi, ignorando quanto un uomo che abusa di una donna non lucida sia, invece, doppiamente colpevole.
In questo modo, si conferma implicitamente quello che la cultura dello stupro ci dice: che, in fondo, è sempre un po’ colpa di chi la violenza la subisce ‘andandosela a cercare’.
La cultura dello stupro, infatti, parte banalmente da battute sessiste e in una piramide crescente, passando attraverso le discriminazioni sul lavoro e gli stereotipi, gli abusi verbali e le molestie, lo stupro e la violenza di ogni genere, si può arrivare sino all’omicidio.
Per tanto, tutti noi possiamo fare qualcosa anche solo negli atteggiamenti quotidiani, contribuendo al cambiamento che verrà e ponendosi delle domande, ma soprattutto sentendosi responsabile di un mondo che odia le donne, la cui mentalità va urgentemente rovesciata.
