10 luglio 1991. Una data che la Roma-bene non dimenticherà mai. Quel giorno, il corpo senza vita della contessa Alberica Filo della Torre fu ritrovato nella camera da letto della sua lussuosa villa nel quartiere Olgiata dalla domestica e dalla figlia piccola Domitilla che per due volte avevano bussato alla porta della stanza chiusa a chiave non ricevendo mai risposta.
L’orologio aveva da poco segnato le 11.00 quando scatta l’allarme. Chi poteva volere la morte della donna, sposata con l’imprenditore ed ex amministratore delegato della Vianini Pietro Mattei dopo aver ottenuto dalla sacra rota l’annullamento del primo matrimonio con don Alfonso de Liguoro dei principi di Presicce.
Un omicidio senza colpevoli
Ricca, bella, regina dei salotti della nobiltà romana. La contessa quella sera avrebbe dovuto festeggiare il decimo anniversario delle nozze con il costruttore, ma fu uccisa mentre la villa all’Isola 106 era animata di persone impegnate con i preparativi del ricevimento per l’anniversario dei padroni di casa. Un delitto a scopo di rapina? Forse visto che dalla camera della contessa erano spariti alcuni gioielli, ma tanti altri erano stati lasciati nei cassetti. In vista c’era anche un prezioso orologio d’oro che non è stato toccato. Allora il furto era solo una messa in scena. Forse era stato un omicidio passionale.
Il primo nome a finire sotto i riflettori su quello di Roberto Jacono, giovane figlio dell’insegnante privata di inglese dei figli della nobildonna napoletana. Inguaiato dal suo ‘passato’ e da alcune macchie di sangue trovate sui pantaloni, fu scagionato all’esame del Dna dopo mesi e mesi di titoli sui giornali. Il secondo nome fu quello di un domestico filippino, Manuel Winston Reves, licenziato poco tempo prima perché “inaffidabile”. La verità sembrava troppo semplice per quella famiglia complicata.
Abbandonata anche questa strada, toccò ad un commerciante di origini cinesi amico di vecchia data della Contessa. Altro vicolo cieco come la pista del Sisde, visto che un agente, Michele Finocchi, confidente della coppia (arrestato, qualche anno più tardi, per lo scandalo dei fondi neri), era stato tra i primi ad arrivare nella villa. È a questo punto che entra in scena anche un altro personaggio che, più tardi, comparirà di nuovo nelle cronache italiane. Il suo nome è Pietro Badoglio, amico della famiglia. Il suo ruolo, in questa vicenda, è quello del telefonista. Quel giorno, insomma, fu lui la “voce” ufficiale di Mattei. Doveva avvertire gli ospiti che la festa era saltata, che la povera contessa era morta. Era stata uccisa a colpi di zoccolo e strangolata, proprio il giorno del suo decimo anniversario di matrimonio.
Alla fine sull’omicidio di Alberica Filo della Torre è calo il silenzio. Le domande erano rimaste tutte senza risposta, mentre la vita privata della nobildonna era stata analizzata a fondo a caccia di amanti, scandali o scheletri nell’armadio, alla ricerca di un movente. Se non bastasse era spuntata anche un’amante di Pietro (conosciuta molti anni dopo la morte della moglie) che aveva consegna agli inquirenti il vestito indossato il giorno del delitto. Un abito che Mattei le aveva chiesto di portare in tintoria, ma non venne trovato nulla e quella che doveva essere una ‘rivelazione’ assuse i contorni di una vendetta di una donna abbandonata.
La soluzione era chiusa lì, in quelle quattro mura. Eppure il caso sembrava destinato a finire nel cassetto dei delitti irrisolti, tra i misteri di cronaca nera senza colpevoli.
La svolta dopo anni
A parlare fu uno dei reperti – una delle tracce di sangue campionate dagli uomini del Ris sul lenzuolo che stringeva il collo di Alberica – a svelare il nome dell’assassino. È stato il maggiordomo, come in giallo di Agatha Christie. Manuel Winston Reves, il domestico filippino della contessa con il quale vi erano stati degli attriti. Alla fine il maggiordomo tra le lacrime confessa. «Mi volevo togliere un peso che portavo dentro di me da 20 anni: sono stato io ad uccidere la contessa Alberica», disse nell’interrogatorio. È stato lui – che nel frattempo aveva chiamato la figlia con il nome della donna che aveva ammazzato –a colpirla con uno zoccolo, a strangolarla e a lasciarla sul pavimento della sua camera da letto dopo averle coperto la testa con un lenzuolo.
Saltano fuori dieci bobine di intercettazioni mai tradotte in cui il cameriere praticamente confessa. In una telefonata chiedeva a un connazionale se poteva indicargli chi potesse piazzare una collana e un anello che avevano un valore di circa 80 milioni di lire. Per altro Winston fa anche un’accurata descrizione di quei gioielli presi alla contessa per spiegare all’amico che erano talmente belli e particolari che non era il caso di fonderli. Se solo fossero state ascoltate.
Reyes fu condannato a 16 anni di reclusione, pena confermata anche in secondo grado. Beneficiando di un alcuni sconti di pena, è stato scarcerato il 10 ottobre 2021.