Inchiesta  Xylella, il giudice dispone l’archiviazione per i dieci indagati. I nomi

Il gip ha accolto la richiesta della Procura, poichè  gli elementi raccolti nel corso delle indagini non sono sufficienti per sostenere la pubblica accusa in un eventuale processo.

Si conclude con l’archiviazione, dopo quattro anni di indagini, l’inchiesta sulla Xylella.

Il gip Alcide Maritati ha accolto la richiesta dei sostituti procuratori Elsa Valeria Mignone e Roberta Licci. Dunque, archiviata la posizione di tutti e dieci gli indagati.

Gli indagati

Si tratta di Giuseppe Silletti, generale dei carabinieri forestali, nelle vesti di commissario incaricato di affrontare l’emergenza dovuta alla diffusione del batterio; Antonio Guario, già dirigente dell’Osservatorio fitosanitario regionale di Bari; Giuseppe D’Onghia, dirigente del settore agricoltura della Regione Puglia; Silvio Schito, attuale dirigente dell’Osservatorio fitosanitario regionale; Giuseppe Blasi, capo dipartimento delle politiche europee e internazionali dello sviluppo rurale; Vito Nicola Savino, docente universitario e direttore del centro di ricerca “Basile Caramia” di Locorotondo; Franco Nigro, docente di patologia vegetale all’Università di Bari; Donato Boscia, ricercatore del Cnr di Bari; Maria Saponari, ricercatrice del Cnr; Franco Valentini, ricercatore presso lo Iam.

Le negligenze e le omissioni

Il gip Alcude Maritati sottolinea, però, nel decreto di 44 pagine, anche altri aspetti che meriterebbero un ulteriore approfondimento. In particolare, una serie di irregolarità nella condotta degli indagati. E poi i ritardi nell’azione di contrasto alla Xylella che renderebbero necessario inviare alcuni atti d’indagine alla Procura di Bari.
Nello specifico, si legge “È indubbio che gli indagati ciascuno per la sua parte, non hanno di certo agito seguendo le regole e le prassi che sarebbero state necessarie in quella situazione”.
Il giudice, richiamando la richiesta di archiviazione della Procura, si sofferma poi su “reticenze, omissioni e falsità hanno condizionato l’esito dell’indagine e sull’inadeguatezza delle misure adottate…. che costituivano uno strumento di ottemperanza formale alle disposizioni imposte a livello comunitario, senza una effettiva presa in carico del problema”. Non solo, anche sulla “incredibile sciatteria nelle operazioni di campionamento”. Infine, si legge nel decreto, “Quel che emerge è la preponderanza dell’interesse economico, ovvero la prospettiva di ottenere finanziamenti a beneficio esclusivo dell’università di Bari, rispetto alle finalità della ricerca scientifica”.
“Ma è altrettanto vero, che pare impossibile trovare la prova certa che, osservate le corrette regole di comportamento, l’evento non si sarebbe comunque realizzato”.Infatti, afferma il gip, anche se emergerebbe dalle indagini che ” alcuni degli indagati …abbiano importato ceppi di Xylella dall’estero e ne abbiano fatto oggetto di studi e, verosimilmente di sperimentazione in campo, è impossibile dimostrare che tali illegittime condotte siano all’origine della diffusione del batterio della Xylella che verosimilmente aveva già iniziato sul territorio della Provincia di Lecce…la sua devastante progressione”. Inoltre, ritiene il giudice, non sono stati raccolti elementi idonei a dimostrare ” la sussistenza del nesso causale tra le condotte e l’evento del delitto colposo di inquinamento”.

L’inchiesta

L’inchiesta venne aperta nel 2015, dal procuratore aggiunto Elsa Valeria Mignone che aprì un fascicolo contro ignoti, con l’accusa di “diffusione di malattie delle piante”.
Parallelamente si cominciò ad indagare, sul corso di formazione organizzato dall’Istituto Agronomico Mediterraneo, tenutosi a Bari nell’ottobre 2010 e rivolto ad operatori che lavorano nel settore della quarantena, durante il quale agronomi e biologi di fama mondiale affrontarono le problematiche legate alla malattia delle piante, causata dal batterio Xylella.

Ben presto, i magistrati allargarono l’inchiesta, inaugurando un nuovo filone d’indagine che intendeva accertare se esistesse una relazione tra Xylella Fastidiosa e la “lebbra dell’ulivo”, una malattia delle piante diffusasi nel territorio salentino, nell’arco di tempo compreso tra il 2009 e 2010. La Procura di Lecce cercava di capire, se gli enti competenti, fossero intervenuti con ritardo nelle azioni di contrasto alla diffusione di questa “morìa di ulivi”.
L’inchiesta ha poi accertato il ricorso a sistemi di coltivazione superintensiva e l’introduzione di nuove coltivazioni d’olivo.

 

 



In questo articolo: