“Nostra madre è morta da sola e non abbiamo potuto salutarla”. La 65enne aveva contratto il Covid in oncologia

Le due figlie della signora hanno affidato all’avvocato Laura Alemanno l’incarico di presentare un esposto per chiedere alla magistratura di fare luce sulla morte della madre.

Si arrichirà a breve di una nuova denuncia, l’inchiesta sul focolaio scoppiato nei giorni scorsi al reparto di oncologia del Vito Fazzi. Selene e Romina, due figlie della 62enne di Coeprtino, Stella Nobile, hanno affidato all’avvocato Laura Alemanno l’incarico di presentare un esposto per chiedere alla magistratura di fare luce sulla morte della madre, una paziente oncologica deceduta al Dea dopo avere contratto il covid.

“Durante il periodo natalizio nostra madre ha iniziato ad avere i primi sintomi della malattia e dopo una serie di controlli e indagini, siamo venute a conoscenza della diagnosi” – riferiscono le due figlie. Iniziò così il percorso terapeutico e il primo ciclo di chemioterapia. “La malattia purtroppo però aveva causato una disfagia, continuano le figlie, il che portava la mamma a nutrirsi davvero poco, quindi seguendo il consiglio dei medici l’abbiamo portata al pronto soccorso del Vito Fazzi”.

La madre venne ricoverata in ospedale il 25 febbraio. “Le ore al pronto soccorso, in sosta per il tampone, sono state all’incirca dieci. Un tempo lunghissimo durante il quale, nostra madre, paziente immunodepressa, è stata lasciata in uno stanzone insieme ad altre persone di cui non si conosceva lo stato di salute, né se fossero o meno soggetti positivi al Covid”. E aggiungono le due figlie: “abbiamo avanzato la richiesta di portarla a casa e di programmare un ricovero senza tenerla in quello stato, per 10 ore su una sedia a rotelle, ma ci è stato negato”.

Il 27 febbraio è giunto poi l’esito del tampone, che è risultato negativo, Stella è stata ricoverata nel reparto di medicina d’urgenza del Dea, dove è rimasta per 2 giorni in attesa di essere trasferita nel reparto di oncologia. “Noi parenti – continuano le donne – potevamo andare solo per il ritiro degli indumenti sporchi e in quelle occasioni purtroppo abbiamo notato diverse situazioni poco consone ad un ambiente d’ospedale, come non indossare correttamente la mascherina, tra l’altro chirurgica, portata sotto il naso”.

Come sottolineano le figlie, il 2 marzo si verificò l’aggravarsi delle condizioni di salute della madre che risultò positiva al coronavirus. “Nostra madre notò il passaggio nel corridoio del reparto di un paziente in una barella di biocontenimento, e poco dopo tutti gli altri degenti sono stati sottoposti ad un nuovo tampone. Il giorno dopo la donna aveva la febbre febbre e comunicava alle figlie di avere il covid. Quindi è stata trasferita con la sua compagna di stanza nel reparto di pneumologia del Dea. Nei giorni successivi il repentino peggioramento”.

E continuano a raccontare le figlie della paziente: “Abbiamo aspettato impazientemente quell’unica e frettolosa chiamata degli oncologi, gli stessi che ci avevano incoraggiati e tranquillizzati sullo stato di salute di nostra madre al momento del ricovero. Improvvisamente la malattia era progredita. Nostra madre è morta il 10 marzo, da sola, senza che ci venisse consentito di salutarla e nessuno degli operatori si è interessato a farci una videochiamata per vederla in quei giorni”.

E l’avvocato Laura Alemanno in merito alla vicenda, afferma: “Stiamo preparando una minuziosa e dettagliata denuncia con l’intento di fornire ogni elemento utile che porti a far luce sulla vicenda e ci affidiamo alla magistratura con totale fiducia, affinché indaghi e verifichi se vi sono state responsabilità anche solo organizzative. Non è tollerabile che si contragga il virus in ospedale. Se leggerezze nei comportamenti vi sono state, saranno individuate dagli inquirenti”.

In queste ore, i Carabinieri del Nas, su delega del pubblico ministero Donatina Buffelli, si sono recati presso gli uffici dell’Asl per effettuare un primo sopralluogo. I militari hanno chiesto di acquisire i protocolli di sicurezza, per verificare se siano state applicate correttamente le norme di sicurezza ed anticontagio. Parliamo di tutte quelle rigide misure che dovrebbero essere rispettatate alla lettera dal personale medico e paramedico, a maggior ragione in un reparto che ospita pazienti particolarmente fragili.

Come detto, si tratta solo di un primo passo dell’inchiesta. E ricordiamo che nei giorni scorsi, come atto dovuto a seguito di una serie di esposti presentati dai familiari dei pazienti contagiati, la Procura ha aperto un’inchiesta. Al momento non vi sono indagati e si procede per verificare la sussistenza del reato di diffusione di epidemia colposa. Alla luce degli ultimi decessi, si dovrà presumibilmente accertare se sia configurabile anche il reato di omicidio colposo.

Ricordiamo che, al momento, si sono registrati complessivamente 23 contagi e 6 decessi. Sono 18 finora i pazienti contagiati e nelle scorse ore è salito a cinque il numero degli operatori sanitari positivi al covid (è emerso un nuovo caso, dopo l’ultimo controllo dei tamponi), mentre sono sei i pazienti deceduti dopo il contagio.