‘Vi faccio vedere come muore un italiano’. La lezione di Fabrizio Quattrocchi che nessuno ha mai dimenticato

Sono trascorsi 16 anni da quando Fabrizio Quattrocchi, guardia di sicurezza privata italiana, venne ucciso in Iraq. ‘Adesso vi faccio vedere come muore un italiano’ furono le sue ultime parole. Era il 14 aprile del 2004.

Davanti agli aguzzini pronti a freddarlo con un colpo alla nuca disse, con voce ferma, «vi faccio vedere come muore un italiano». Furono le sue ultime parole, un attimo prima che il colpo partisse. In ginocchio in una buca, in un campo nella periferia di Baghdad che gli farà da tomba, con le mani legate e con gli occhi coperti da una kefiah che gli avvolgeva tutta la testa, ha chiesto di togliersi il cappuccio, per guardare negli occhi i suoi assassini. In pochi sapevano chi fosse Fabrizio Quattrocchi, il primo italiano rapito in Iraq durante la guerra. E trucidato per “dare una lezione”.

«Vi faccio vedere come muore un italiano» fu il suo saluto al mondo, al suo Paese. Quelle parole, pronunciate nella sua lingua nonostante conoscesse bene l’inglese, sono rimaste impresse nella mente e nel cuore di chi le ha lette sulle prime pagine dei giornali, le ha ascoltate nei titoli di apertura dei Tg. Parole che risuonano ancora oggi, a distanza di 16 anni. Era il 14 aprile del 2004 quando Fabrizio Quattrocchi è stato ucciso da due colpi solo perché italiano. Aveva 36 anni.

Era stato rapito – due, forse tre giorni prima della sua esecuzione – dalle Falangi verdi di Maometto, un gruppo sconosciuto prima e che non si sarebbe più sentito dopo, insieme ai suoi colleghi “contractors”, Umberto Cupertino, Maurizio Agliana e Salvatore Stefio, liberati dalle truppe americane dopo 58 giorni di prigionia.

Per Fabrizio era stata scritta una condanna a morte. Così facendo, volevano far capire al nostro governo che solo accettando il ritiro dall’Iraq sarebbe stata garantita la salvezza degli altri. L’ultimatum fu rifiutato.

Il video dell’uccisione fu spedito alla tv del Qatar «Al Jazeera», che si è sempre rifiutata di mandarlo in onda sostenendo che le immagini contenute fossero «troppo cruenti». L’emittente si rifiutò di diffonderle nonostante avesse già trasmesso, ripetutamente, scene di vittime di guerra e filmati di esecuzioni.

Chi era Fabrizio Quattrocchi

Quel video, seppur parziale, è stato trasmesso dalle televisioni di tutto il mondo. E quell’uomo ripreso mentre moriva oggi lo ricordano tutti. Se così non fosse, è la sorella Graziella, in una bella intervista di qualche anno fa su Repubblica, a raccontare chi era anzi è Fabrizio Quattrocchi, l’uomo che ha dimostrato al mondo «come muore un italiano».

Graziella non ha bisogno di spostare le lancette indietro, per lei il tempo da allora è rimasto fermo. Come il ricordo di quei giorni. «Lo abbiamo saputo dalla televisione», afferma la donna su Repubblica. «Dicono che la Farnesina ci avesse avvertito, non è vero. Sono stati i giornalisti. Molto spettacolare. Senza pietà. Crudele». Poi la domanda: quante volte ha visto quel filmato? «Una – risponde Graziella – era lui, era Fabrizio. Sapeva che lo avrebbero ucciso, che l’Italia non avrebbe mai ritirato i soldati. Che era finita. Però voleva guardare in faccia i suoi carnefici. Un ragazzo leale che amava il suo Paese, fiero della sua italianità. Tutto qui, se vi basta».

È stato difficile uscire dalla sofferenza. «I primi tre anni – racconta la donna- è stato come se fossimo morti con lui. Lo strazio del ritrovamento dei resti, il dolore quotidiano. Se siamo andati avanti è per le cose che ci ha lasciato». Ed è questo quello che più conta: far capire alla gente «la sua dignità, la coerenza. Vorrei che avesse un posto giusto nel ricordo di tutti. Quello di un vero italiano».

Un italiano che è morto inginocchiato ma in piedi, prigioniero ma non sconfitto, legato ai polsi ma non nella sua dignità. Non per forza bisogna usare la parola eroe che tanto ha fatto discutere. Basta dire, semplicemente, che era Fabrizio Quattrocchi.



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