Feto nascosto in un armadio, arriva la condanna. 14 anni e 6 mesi per sorella e cognato della  madre

Entrambi rispondono delle ipotesi di reato di “infanticidio in condizioni di abbandono materiale e morale” e “occultamento di cadavere”, in concorso con la madre, 17enne all’epoca dei fatti.

Arriva una pesante condanna per la sorella e il cognato della ragazza di Squinzano che nascose il feto privo di vita nell’armadio.

La Corte d’Assise (Presidente Pasquale Sansonetti, a latere Francesca Mariano e giudici popolari) ha inflitto la pena di 14 anni e 6 mesi ciascuno, nei confronti dei due imputati, accordando comunque le attenuanti generiche. Inoltre, è stata disposta l’interdizione  perpetua dai pubblici uffici.

Entrambi rispondono dei reati continuati di “infanticidio in condizioni di abbandono materiale e morale” e “occultamento di cadavere”, in concorso con la madre, 17enne all’epoca dei fatti.

I due imputati sono difesi dallavvocato Maurizio Scardia che ha chiesto l’assoluzione di entrambi e una volta depositate le motivazioni (tra 90 giorni), proporrà ricorso in Appello.

Ricordiamo che la sorella ed il cognato, sentiti dagli inquirenti poco dopo l’accaduto, hanno sempre detto di non essere a conoscenza che la ragazza fosse incinta.

Nella scorsa udienza si è tenuta la requisitoria del sostituto procuratore Donatina Buffelli che ha invocato la condanna a 15 anni per entrambi.

Il pubblico ministero ha sottolineato che la sorella 27enne ed il cognato 46enne: “Deciso di nascondere la gravidanza e impedire la nascita del bimbo”.

Il pm nel corso di oltre un’ora di requisitoria ha ripercorso la dolorosa vicenda. La Procura ha sottolineato che è stato difficile ricostruire i fatti, poiché la giovane si è sempre avvalsa della facoltà di non rispondere.

Riguardo la posizione dei due imputati, il pm ha sostenuto che “entrambi erano a conoscenza che la ragazza fosse incinta”. Inoltre, ha aggiunto che il “feto non sarebbe morto se ci fosse stato una rete familiare di aiuti e controlli”.

In una precedente udienza, invece, la 17enne di Squinzano (all’epoca dei fatti) ha chiesto di costituirsi parte civile “contro” la sorella e il cognato. I giudici hanno però rigettato l’istanza dell’avvocato Fabrizio Tommasi, legale della giovane mamma. Quest’ultima, nel corso dell’udienza preliminare presso il Tribunale dei Minorenni, ha ottenuto la messa alla prova. Dunque, potrebbe scontare la sua pena, estinguendo il reato.

L’inchiesta

Le indagini sono state condotte dai carabinieri di Squinzano, diretti dal maresciallo Giovanni Dellisanti. Ricordiamo che secondo l’accusa, la mamma, all’epoca 17enne, avrebbe occultato il corpicino del suo bambino, dopo averlo avvolto in una busta di plastica e richiuso in una borsa.

Il feto privo di vita di sesso maschile, nascosto nell’armadio di un’abitazione di Squinzano, venne rinvenuto nel febbraio del 2017.

La ragazza si è presentata il 9 febbraio dello scorso anno al Pronto Soccorso dell’Ospedale di Copertino a causa di una forte emorragia. La visita ginecologica non ha lasciato spazio a dubbi: la giovane aveva dato alla luce un bambino, da poco tempo. La ragazza avrebbe ammesso di avere partorito pochi giorni prima a casa, quando non era presente nessuno.

Nel corso delle indagini, non è “caduto” il grave capo daccusa d’infanticidio, nonostante l’esito dell’autopsia. Il medico legale Ermenegildo Colosimo, infatti, ha stabilito che il corpicino era senza vita, con il cordone ombelicale di circa 80 cm, annodato intorno al collo, quando la giovane madre ha partorito.

La Procura, dunque, ha contestato ugualmente, il reato a carico dei tre indagati, “versando la minore in condizioni di abbandono materiale e morale connesse al parto”. Il medico legale, inoltre, ha prelevato un campione di tessuto per un eventuale esame del Dna (se fosse necessario), al fine di risalire all’identità del padre della bimba.



In questo articolo: