L’ultimo saluto a Giuseppe De Donno, i familiari “il silenzio è la miglior cura”

Si sono svolti nella basilica di Sant’Andrea a Mantova i funerali di Giuseppe De Donno, il promotore della terapia con il plasma iperimmune che si è tolto la vita. La lettera/appello di tutti i suoi cari

È il giorno dell’ultimo saluto a Giuseppe De Donno, l’ex primario di Pneumologia dell’ospedale Poma di Mantova trovato morto nella sua abitazione di Curtatone. La bara del medico – che nel momento più difficile della pandemia, quando le armi a disposizione erano poche e il vaccino era ancora lontano, aveva cercato con il plasma iperimmune di combattere il Covid19 – è arrivata alle 10.00 nella Basilica di Sant’Andrea, la chiesa disegnata da Leon Battista Alberti, per il funerale celebrato da don Cristian Grandelli.

Dopo le polemiche e le ‘strumentalizzazioni’, tocca al dolore. Quello di una famiglia che ha perso una persona cara. Quello degli amici e dei colleghi che hanno abbracciato la moglie Laura e i figli Martina ed Edoardo. E quello delle persone che volevano bene al 54enne come medico e come uomo. Ed erano tantissime come dimostra la fila silenziosa per entrare nella camera ardente allestita nell’aula consiliare del Comune. Una folla composta che lo ha salutato per l’ultima volta.

La lettera della famiglia: il silenzio è la miglior cura

Da quando ha deciso di togliersi la vita senza lasciare un biglietto dove spiegare i motivi del suo gesto, la famiglia si è chiusa nel silenzio, lasciando alla Procura – che come atto dovuto ha aperto una inchiesta ipotizzando il reato di istigazione al suicidio – provare a fare luce sull’accaduto e spegnere le voci circolate sulla fine del professore. L’unica eccezione è una lettera, firmata dai «Tutti i suoi cari», pubblicata su Facebook.

«Il silenzio è la miglior cura» si legge nel testo in cui si chiede di rispettare la sofferenza di di chi ora deve dire addio ad un padre, ad un marito, ad un amico. E anche al medico che ha creduto alla terapia che usava il plasma dei pazienti guariti per salvare i malati, chi rischiava di non farcela a vincere la battaglia. La cura era solo un’arma per combattere un virus che stava mettendo a dura prova il sistema sanitario. Nulla di più. Ma neppure nulla di meno.

«In questo drammatico momento, il silenzio sarebbe la forma più grande di rispetto e di amore per lui e tutti i suoi cari. Vi ringraziamo per tutto l’amore che viene dimostrato, ma ci sono situazioni private che non possono e non devono essere strumentalizzate», si legge.

È accaduto prima ed è accaduto dopo la sua morte, forse con ancor più forza tanto che la famiglia ha deciso di lanciare un appello per spegnere le polemiche. «Giuseppe De Donno – scrivono nel loro post – era un medico che amava la sua professione fino in fondo e che non ha mai rinnegato la scienza. Un medico stimato ed apprezzato per aver dato tutto se stesso per il bene della comunità. Ma Giuseppe non era solo un medico. Prima di tutto era uomo, figlio, padre, marito, fratello, zio, nipote, cugino e amico, con una vita lontana dai riflettori che, nell’ultimo periodo hanno preso il sopravvento. Era una persona gentile, con una parola di conforto al momento giusto in ogni occasione per ognuno di noi, che amava la famiglia in maniera incondizionata ed era amato».

«Chi lo conosce realmente sa che nulla di ciò che in questi tristi giorni stiamo leggendo su web, social, quotidiani e striscioni appesi per la città lo rappresentano».