
Quando alle prime luci del mattino del 28 dicembre, a bordo del traghetto della Norman Atlantic appena salpato dal porto di Igoumenitsa e diretto ad Ancona, è scoppiato improvvisamente un incendio per molti è stato naturale pensare al disastro del Moby Prince, la nave passeggeri che urtò contro la prua della petroliera Agip Abruzzo, al largo di Livorno. Quella notte del 10 aprile del 1991 morirono tra le fiamme 140 persone, la maggior parte ritrovate nel punto più affollato, il salone Deluxe. Solo uno, un mozzo, riuscì a salvarsi. Una strage, una delle più grandi tragedie che finì, a distanza di più di vent’anni, per essere archiviata come l’ennesimo, amaro, mistero italiano. Ancora una volta senza colpevoli. E che dire della Heleanna, una petroliera “vestita” da traghetto, completamente devastata dal fuoco mentre navigava con a bordo 1174 persone, ben oltre la capacità massima consentita di 620, sulla stessa rotta Norman Atlantic? Molti vedendo il relitto, silenzioso e spettrale, ormeggiato alla banchina di Costa Morena hanno ricordato quella nave su cui scoppiò un incendio a causa di una fuga di gas nel locale cucina. Alla fine, il bilancio di quel naufragio fu di 25 morti, 16 dispersi e 271 feriti alcuni in modo grave.
Così, come in una sorta di déjà-vu si cerca di capire il perché di una tragedia che ha ancora poche certezze e tanti punti oscuri. Mentre si conosce, infatti, il numero delle persone tratte in salvo dal ponte numero 7 della nave circondata dalla fiamme alimentate, stando alle prime testimonianze, da un carico di olio trasportato da un camion parcheggiato nella zona garage dove sarebbe nato l’incendio, c’è ancora incertezza sui dispersi. Anche il bilancio delle vittime al momento fermo a 11, purtroppo, non è definitivo.
Per cercare delle risposte bisognerà poter salire a bordo, dove è nascosto tra quel poco che è rimasto qualche indizio utile a ricostruire quanto accaduto quella maledettissima ultima domenica di dicembre. Al momento, però, la nave brucia ancora. «Nei ponti 3, 2 e 1 c'è ancora fuoco vivo, in fase nascosta ma sempre presente. Vanno attuate soluzioni drastiche» ha detto il comandante provinciale dei vigili del fuoco, Michele Angiuli. La “soluzione drastica” ipotizzata è un foro di circa un metro di diametro praticato tranciando le lamiere nella parete sinistra della Norman Atlantic, al livello del ponte tre, per attivare poi un cannone che spara acqua nebulizzata ad alta pressione all'interno dei vari comparti della nave, senza alcuna conseguenza per lo stato dei luoghi ai fini delle indagini. La banchina di Costa Morena Nord a cui è ormeggiato il relitto già da questo pomeriggio si trasformerà in un cantiere a cielo aperto.
«Credo che questa operazione si avvierà domani» ha detto il procuratore della Repubblica di Bari, Giuseppe Volpe, al termine di un incontro che si è tenuto presso la Capitaneria di porto di Brindisi con i tecnici e con il pm Ettore Cardinali proprio per fare il punto della situazione e tentare di trovare il modo “migliore” per spegnere definitivamente i focolai ancora vivi e mettere in sicurezza l'imbarcazione.
Ad occuparsene sarà una ditta di Taranto: «è la prima volta che si opera con questa tecnologia in una emergenza di questo tipo. È un sistema che viene solitamente applicato in ambienti industriali e navali. Il sistema ad acqua nebulizzata ad alta pressione – ha proseguito Angiuli – va a formare nell'ambiente una grande nebbia che va a spegnere l'incendio per soffocamento e contestualmente a raffreddarlo. I tempi, riteniamo in 24 ore, massimo 48 ore, si riescano a fare le operazioni che andranno condotte in più fasi».
I sopralluoghi sono fondamentali per ragioni di accertamento investigativo, senza dimenticare che il cuore del traghetto, ancora off limits, potrebbe nascondere altri corpi, considerato che all'appello mancano ufficialmente almeno una decina di persone.