Si conclude con una condanna e l’estinzione del reato per tutti gli altri 34 imputati, il processo relativo ad una costola dell’inchiesta Clean Game.
I giudici della prima sezione collegiale, nelle scorse ore, hanno inflitto la pena di 4 anni di reclusione nei confronti di Silvano De Leone, 60enne di Racale.
Inoltre, è stato disposto il risarcimento del danno (in separata sede) in favore delle parti civili, tra cui comparivano il Ministero dell’Interno e l’Agenzia delle Dogane.
Sul banco degli imputati comparivano altre 34 persone, ma i giudici hanno dichiarato i reati estinti per prescrizione. E in un caso per “morte del reo”.
Gli imputati rispondevano, a vario titolo ed in diversa misura, dei reati di associazione a delinquere e truffa aggravata ai danni dello stato. Il sodalizio, secondo l’accusa, si occupava della compravendita di schede di gioco contraffatte.
Gli imputati erano assistiti, tra gli altri, dagli avvocati Walter Gravante, Francesco Fasano, Luigi Piccinni, Vincenzo Venneri, Francesco Vergine, Fabio Pellegrino, Lavina Gala, Anna Schiavano.
Invece, è in corso il processo, per gli imputati del principale troncone d’inchiesta “Clean Game” sui presunti affari illeciti con le slot machines. Diciassette di loro, tra cui i quattro fratelli De Lorenzis, 56enne di Racale, Saverio 47enne; Pietro, 57 anni e Pasquale 50enne rispondono anche del reato di associazione mafiosa.
Già il 24 febbraio del 2016, il gip Antonia Martalò, su richiesta dei sostituti procuratori Operazione ‘Carmen Ruggiero e Giuseppe Capoccia, emise complessivamente 27 ordinanze di custodia cautelare (19 in carcere e 8 ai domiciliari). L’incipit delle indagini risale all’anno 2010, a seguito di un numero imprecisato di segnalazioni anonime: Al vertice dell’organizzazione, il gruppo criminale riconducibile a Salvatore De Il giudice dispose anche il sequestro preventivo del patrimonio riconducibile all’associazione per un valore complessivo di circa 12 milioni di euro. Inoltre, ben 135 persone, tra esercenti di bar, caffetterie e tabaccherie vennero indagate a piede libero.
Al vertice dell’organizzazione, secondo l’accusa, il gruppo criminale riconducibile a Salvatore De Lorenzis, considerato “il re delle slot machines”. Il sodalizio, in base al teorema accusatorio, “si avvaleva di metodi mafiosi posti in essere da alcuni affiliati storicamente vicini ai noti clan Troisi di Casarano, e Padovano di Gallipoli”.
L’altro gruppo era invece riconducibile a Silvano De Leone, per il quale come detto è arrivata la condanna in primo grado. La difesa potrà però proporre Appello.