Inchiesta-costola di ‘Mafia Capitale’: indagata un’imprenditrice di Galatina

In qualità di legale rappresentante dell’azienda, è stata raggiunta la settimana scorsa da una misura cautelare interdittiva. Per la durata di due mesi non potrà esercitare l’attività imprenditoriale. Domattina, sarà ascoltata per ìrogatoria’ dal Gip di Lecce.

Finta cessione di rami d'azienda per partecipare a gare d'appalto, in una costola dell'inchiesta "Mafia Capitale". Una giovane imprenditrice di Galatina – operante sia nel settore edilizia che del fotovoltaico – deve difendersi dalle accuse di falso e corruzione. In qualità di legale rappresentante dell'azienda è stata raggiunta la settimana scorsa da una misura cautelare interdittiva. Per la durata di due mesi non potrà esercitare attività imprenditoriale. La galatinese è l'unica salentina, tra le 25 persone indagate (alcune di esse rispondono anche dell'accusa di associazione a delinquere) a seguito di accertamenti della Gdf, derivanti dall'inchiesta madre "Mafia Capitale". L'indagine riguarda la presunta finta cessione di rami d'azienda,al fine di acquisire categorie di lavori per partecipare a gare d'appalto.
 
L’Inchiesta risulta condotta dal Pubblico Ministero di Roma Giancarlo Cirielli, mentre il gip Simonetta D'Alessandro nei giorni scorsi ha emesso l'ordinanza di applicazione della misura cautelare interdittiva. L'azienda dell'imprenditrice salentina, secondo l'accusa, si sarebbe rivolta ad una società – tra quelle certificate e delegate dallo Stato – per attestare che chi partecipa alle gare  di appalto abbia i requisiti di diritto privato con finalità pubblicistiche; questa, a sua volta, attraverso due società conniventi avrebbe "certificato" la cessione dei rami d'azienda. L'accordo sarebbe stato stipulato a Lecce, attraverso atto notarile, nel marzo del 2012.
 
La giovane imprenditrice di Galatina verrà sentita domattina, per "rogatoria" dal gip di Lecce Simona Panzera e gli atti saranno poi inviati alla Procura di Roma. È difesa dagli avvocati Luca Pedone e Salvatore Corrado. La linea difensiva si basa sul fatto che l'acquisizione dei rami d'azienda implica l'acquisizione di beni; questi sono stati regolarmente riportati nel bilancio e non si sarebbe mai verificata alcune cessione fittizia. Inoltre, l'imprenditrice non ha vinto alcuna gara di appalto, relativa ai fatti a lei contestati. 
 
L'indagine, come detto in precedenza, fa riferimento ad un'inchiesta a più ampio raggio che coinvolgeva l'Axsoa s.p.a. con sede a Roma, autorizzata all’attività di attestazione da parte dell’Autorità per la Vigilanza sui Contratti Pubblici di Lavori, Servizi e Forniture. Da ciò è scaturito il maxi processo per ricostruire il presunto giro di mazzette pagate all’Axsoa, da una serie di società interessate a ottenere certificati riguardanti il falso possesso di qualità indispensabili per ottenere appalti pubblici.
 
Il gip ha rinviato a giudizio settantasette imputati tra imprenditori e funzionari pubblici accusati, a seconda delle singole posizioni, di associazione per delinquere finalizzata alla corruzione, al falso e all’abuso d’ufficio.



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