
Vere e proprie intimidazioni, anche con l’utilizzo del metodo mafioso, emergono dall’ordinanza di oltre 1.200 pagine a firma del gip Maria Francesca Mariano.
Va ricordato che nella giornata di mercoledì, sono stati eseguiti ben 87 arresti, tra carcere e domiciliari, ad opera dei carabinieri del comando provinciale di Lecce, su richiesta del pm Giovanna Cannarile della Direzione Distrettuale Antimafia.
Intanto, sono iniziati mercoledì gli interrogatori degli indagati finiti in carcere. Il presunto boss Andrea Leo, assistito dagli avvocati Umberto Leo e Marco Elia, si è avvalso della facoltà di non rispondere, davanti al gip Mariano.
Gli altri indagati sono difesi, tra gli altri, dagli avvocati: Luigi, Alberto ed Arcangelo Corvaglia, Mario Coppola, Raffaele Benfatto, Pantaleo Cannoletta.
Come, sostiene l’accusa, Andrea Leo, detto Vernel, ritenuto a capo del gruppo criminale attivo a Vernole e Melendugno, assieme a Roberto Ingrosso (ai domiciliari) e ad un altro soggetto, si presentava, nel febbraio del 2022, a Caprarica, presso l’abitazione di un giovane del posto, dove Leo, con fare da boss, gli sferrava un violento pugno. I tre poi si scagliavano contro il padre della vittima, sopraggiunto a difesa del figlio, sferrandogli una serie di pugni al volto ed al torace. Rispondono di lesioni aggravate dalle modalità mafiose. Andrea Leo, inoltre, rivolgendosi ad un parente delle vittime, lo avrebbe convinto a consigliare loro di non sporgere denuncia. E per questo episodio risponde di violenza privata con l’aggravante del metodo mafioso.
E in base all’accusa, sempre Andrea Leo, in concorso con Mattia Leo, Cristian Stella, Andrea D’Alba (tutti in carcere, ad esclusione di Ingrosso) rispondono di estorsione con l’aggravante di aver agevolato l’associazione mafiosa capeggiata dal boss detenuto Antonio Marco Penza (ritenuto a capo del gruppo di Lecce).
Nello specifico Stella, nel febbraio di tre anni fa, contattava un 26enne di Melendugno, per sollecitargli il pagamento di 2.700 euro, per un debito di droga. Inoltre, otteneva l’intervento di Andrea Leo che, a sua volta, impartiva disposizioni agli altri sodali per portare il giovane al suo cospetto. E provvedeva a rimproverarlo con chiare modalità mafiose per aver affittato delle autovetture, quando ancora doveva onorare il debito.
E ancora Cristian Stella, minacciava altri due soggetti per un debito di droga di 13.500 euro. E dopo essersi fatto consegnare 8.000 euro da uno dei due, non intendendo più concedere proroghe, imponeva all’altro, la sottoscrizione di un prestito con un’agenzia, con un ulteriore debito di 3.500 euro, quale somma necessaria per ottenerlo.
Secondo l’accusa, nell’ottobre del 2021, Francesco Urso, ritenuto a capo del gruppo ativo ad Andrano, e Silvano Massafra (finito come Urso in carcere), dopo essersi muniti di una pistola, che quest’ultimo nascondeva nelle parti intime, si dirigevano a Specchia. Ad attenderli, a bordo di un’altra macchina, vi era Marco Martinese (finito ai domiciliari) che offriva “copertura” per la presenza di forze dell’ordine e li accompagnava, presso l’abitazione di un ragazzo. Giunti in casa, Urso e Massafra, minacciavano di morte il giovane “reo” di aver importunato una donna, vicina al presunto boss, e facevano esplodere un colpo di pistola. L’arma veniva nascosta in campagna, ad Andrano. I tre sono indagati per violenza privata aggravata.