Sorella e cognato di 17enne, accusati d’infanticidio: a processo in Corte d’Assise

Non è “caduto”, al momento, il grave capo d’accusa, nonostante l’esito dell’autopsia che ha stabilito come il corpicino di sesso maschile, fosse senza vita quando la giovane madre ha partorito.

Tribunale

Finiscono sotto processo dinanzi alla Corte d’Assise, i presunti “complici” della giovane madre di Squinzano, accusata di aver nascosto il feto privo di vita del proprio bambino, dentro un armadio. La sorella 27enne ed il cognato di 46 anni, dovranno presentarsi, al cospetto dei giudici togati e popolari, il 24 maggio prossimo. Il rinvio a giudizio è stato disposto nelle scorse ore, dal gup Antonia Martalò su richiesta del pubblico ministero Donatina Buffelli. Rispondono delle ipotesi di reato di “infanticidio in condizioni di abbandono materiale e morale” e “occultamento di cadavere”, in concorso con una 17enne (da pochi mesi maggiorenne). Per quest’ultima, il sostituto procuratore Anna Carbonara del Tribunale dei Minorenni ha chiesto il rinvio a giudizio. L’udienza preliminare a suo carico è fissata per il 19 aprile prossimo.
Non è “caduto”, dunque, al momento, il grave capo d’accusa d’infanticidio, nonostante l’esito dell’autopsia. Il medico legale Ermenegildo Colosimo, infatti, ha stabilito che il corpicino era senza vita, con il cordone ombelicale di circa 80 cm, annodato intorno al collo, quando la giovane madre ha partorito all’interno della casa alla periferia di Squinzano. Dunque, la Procura contesta ugualmente, tale reato a carico dei tre indagati, “versando la minore in condizioni di abbandono materiale e morale connesse al parto”. Non solo, poiché dallo stesso esame autoptico è emerso che il feto era privo di alcun tipo di malformazioni e corrispondente ad un periodo di gestazione di 38/39 settimane e del peso di poco più di tre chili. Ad ogni modo, l’esame istologico della placenta, recuperata dalla spazzatura dove era stata gettata insieme ai vestiti sporchi di sangue fornirà, nei prossimi mesi, ulteriori indicazioni. Inoltre, il medico legale ha prelevato un campione di tessuto per un eventuale esame del Dna (se fosse necessario), al fine di risalire all’identità del padre della bimba.

Le indagini

Il feto privo di vita di sesso maschile, nascosto nell’armadio di un’abitazione di Squinzano, venne rinvenuto nel febbraio del 2017.
Ricordiamo che secondo l’accusa, la mamma, all’epoca 17enne, avrebbe occultato il corpicino del suo bambino, dopo averlo avvolto in una busta di plastica e richiuso in una borsa.
La ragazza si è presentata il 9 febbraio dello scorso anno al Pronto Soccorso dell’Ospedale di Copertino a causa di una forte emorragia. La visita ginecologica non ha lasciato spazio a dubbi: la giovane aveva dato alla luce un bambino, da poco tempo. La ragazza avrebbe ammesso di avere partorito pochi giorni prima a casa, quando non era presente nessuno.

Ad ottobre si è svolto, invece, l’incidente probatorio innanzi al gip ed anche in questa occasione la giovane ha fatto scena muta.
Invece, nei mesi scorsi, i magistrati inquirenti hanno affidato allo psichiatra Michele Bruno ed alla psicologa Michela Francia, una consulenza per accertare la capacità d’intendere e di volere e l’attendibilità della minorenne.
La sorella ed il cognato, sentiti dagli inquirenti poco dopo l’accaduto, hanno detto di non essere a conoscenza che la ragazza fosse incinta.
Gli accertamenti investigativi sono stati condotti dai carabinieri di Squinzano, diretti dal maresciallo Giovanni Dellisanti.

Il collegio difensivo
La giovane madre è assistita dal legale Fabrizio Tommasi.
La sorella ed il cognato sono difesi dall’avvocato Maurizio Scardia.



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